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Garlasco, l’audio choc sulle sorelle Cappa e la morte di Chiara Poggi

La questione dell’orario della morte di Chiara Poggi

Le cugine di Chiara erano preoccupate non solo per i colloqui informali, ma anche per gli interrogatori formali. Il 9 febbraio 2008, Stefania era stata convocata dal pm Muscio, e al telefono con un’amica esprimeva disperazione: “Per me è uno schifo… sono stanca”, lamentava, descrivendo l’interrogatorio come oppressivo.

La pressione delle indagini era insostenibile, come mostrano le parole di Stefania che, parlando con un amico, esprimeva una rabbia intensa: “Se dichiaro il falso sarà usato contro di me al processo…”, esclamava. Queste parole dimostrano la tensione che si respirava tra chi, almeno formalmente, era solo un testimone.

Nonostante tutto, un amico cercava di rassicurarla: “Ma tanto è provato che tu non c’entri niente”, ma la risposta di Stefania rivelava insicurezza: “Magari mi faceva delle domande e io non mi ricordavo…”. La paura di sbagliare e l’incertezza dei ricordi pesavano sui testimoni.

Tutti questi elementi, a distanza di anni, gettano nuova luce sul contesto familiare e giudiziario attorno all’omicidio di Chiara Poggi. Le intercettazioni e gli interrogatori non provarono mai un coinvolgimento diretto delle zie e delle cugine, ma la pressione e i sospetti gettati all’epoca mostrano quanto fragile fosse l’equilibrio in un ambiente dove ogni parola poteva cambiare il corso delle indagini. Oggi, mentre il caso Garlasco conosce nuove perizie e riaperture, queste voci dal passato meritano attenzione.

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