
In appena 36 giorni, l’Inter di Cristian Chivu ha cambiato volto. Come spiega in un’analisi approfondita la Gazzetta dello Sport, dopo un avvio complicato con soli 3 punti nelle prime 3 giornate, i nerazzurri hanno inanellato sei vittorie consecutive tra campionato e Champions League, ritrovando ritmo, fiducia e identità.
Stramaccioni: "Non è solo l'abbraccio a Chivu ma è come avviene l'abbraccio. E' il livello dell'abbraccio, l'intensità. Lui è entrato in questo spogliatoio con umiltà ma con grande convinzione. E non dimentichiamoci che ha dovuto gestire la questione Lautaro-Calhanoglu in… pic.twitter.com/MsOSyyETqA
— Daniele Mari (@marifcinter) October 19, 2025
Il nuovo tecnico ha impostato la squadra in modo nuovo: pressing alto, aggressività, verticalizzazioni improvvise e anche una solidità difensiva da grande squadra. I gol subiti sono scesi da 6 nelle prime tre partite a soli 2 nelle ultime sei.
Ma il dato più eloquente è quello dei tiri concessi: da 11,3 a 7,1 a gara. Un numero che racconta molto più di mille parole. inoltre, Chivu ha usato 22 titolari diversi in 8 giornate, riuscendo a coinvolgere tutti e a trasformare la competizione interna in una risorsa. (continua dopo la foto)

L’Inter di Chivu è una squadra che “si è alzata”, come sottolineano anche i numeri. Il baricentro medio è aumentato di otto metri, e con esso la mentalità: meno possesso sterile, più verticalità. I recuperi palla offensivi sono passati da 6,2 a 7,6 per partita, generando occasioni immediate per attaccare.
Emblematica l’azione del gol di Bonny all’Olimpico: un riflesso condizionato verso la profondità, allenato con costanza ad Appiano. Anche l’aumento dei falli – ora più frequenti nel pressing alto – è diventato un dato positivo per lo staff, perché riflette un atteggiamento più combattivo e concreto. I duelli vinti sono cresciuti (da 44,1 a 45,8 di media), e ogni pallone riconquistato diventa un’occasione per innescare gli attaccanti.
Non esiste più un solo 3-5-2 immutabile. Chivu ha portato flessibilità e intelligenza tattica: la squadra può cambiare pelle a seconda degli eventi. “Dominante” è l’aggettivo preferito dal tecnico romeno, ma anche nei momenti difficili, come il secondo tempo all’Olimpico, la sua Inter ha mostrato di sapersi adattare: ha stretto le linee, difeso con disciplina e affrontato la tempesta senza smarrirsi.
La filosofia di Chivu non contempla il portiere regista: Sommer è chiamato a gestire, non a costruire. La palla può tornare indietro, ma solo per necessità. Il pensiero nerazzurro è rivolto sempre in avanti, e le imperfezioni difensive del passato stanno diminuendo grazie alla maggiore attenzione collettiva. (continua dopo la foto)

Chivu ha riportato la squadra a una riscoperta psicologica di sé. Lo dice anche Nicolò Barella, che ha pubblicamente elogiato il nuovo tecnico: “A volte rompere col passato è necessario”. Il nuovo tecnico agisce come un analista dell’anima, accarezza gli ego e ricompone lo spirito di un gruppo che si era incrinato.
Cristian ha coinvolto tutti, anche i giovani come Pio e Bonny, e continua a ruotare sulle fasce e tra le mezzali, con Sucic che insidia Mkhitaryan. Nessuno è escluso, e anche la rabbia – come quella di Dumfries contro la Cremonese – diventa per Chivu un segnale positivo: una reazione nata dalla voglia di giocare, non un problema.
La sua Inter non solo vince, ma soprattutto cresce: nel gioco, nella mentalità e nella consapevolezza di poter dominare o di saper soffrire nei momenti difficili senza perdere la propria identità.