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Caso Garlasco, interviene l’avvocato di Stasi: “Sulla scena del crimine più persone”

alberto stasi

Caso Garlasco, interviene l’avvocato di Stasi: “Sulla scena del crimine più persone” – «Rispetto la sentenza, rispetto ogni pensiero della famiglia di Chiara Poggi e ho sempre detto che la mamma, il papà e il fratello possono dire quello che ritengono e io non mi permetterò mai di commentare». Con queste parole, nette e prive di ambiguità, l’avvocato Antonio De Rensis, storico legale di Alberto Stasi, ha aperto il suo intervento in diretta su Rai 3, durante la trasmissione Filorossocondotta da Manuela Moreno. Una puntata interamente dedicata al delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007, e che ancora oggi continua a sollevare domande, dubbi, inchieste e tensioni emotive. De Rensis ha sempre seguito Stasi, fin dalle prime fasi dell’inchiesta fino alla condanna definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio di Chiara Poggi. Eppure, a distanza di quasi due decenni, l’avvocato ritiene che non sia ancora detta l’ultima parola.

Caso Garlasco, interviene l’avvocato di Stasi: “Sulla scena del crimine più persone”

Nel corso della trasmissione, Antonio De Rensis ha sottolineato con fermezza quanto sia cruciale lasciare spazio e fiducia alle nuove indagini in corso, nate da una riapertura del caso legata al ritrovamento di una busta della spazzatura contenente tracce genetiche. «Ho letto le carte. Non ho dubbi. Io ho un’idea, ma un avvocato serio non deve esprimere le proprie idee. Ritengo che sulla scena fosse presente più di una persona, con ruoli diversi, però le mie idee, che ovviamente ho, me le tengo strette». L’incidente probatorio appena avviato su quella busta ritenuta finora irrilevante potrebbe, secondo il legale, portare a risultati sorprendenti, in grado di riaprire scenari che la giustizia ha chiuso troppo in fretta.

“Dopo 18 anni troviamo ancora tracce di DNA: è un segnale importante”

Uno degli aspetti che ha colpito maggiormente De Rensis è la possibilità, emersa durante le ultime analisi, di rintracciare tracce di DNA ancora presenti dopo 18 anni. Un risultato che, se confermato, rappresenterebbe una svolta tecnica ed evidenziale di peso. «Lei avrà sentito qualcuno tra gli opinionisti, per fortuna pochi, dire a gran voce che non sarebbe emerso nulla. Bene, noi abbiamo scoperto che dopo 18 anni ci possono essere tracce di Dna. Noi non ci siamo mai opposti a nulla. Abbiamo sempre detto: facciamo indagini». Poi un passaggio critico, ma diretto, sull’atteggiamento dell’attuale indagato: «L’indagato si è opposto a tutto, non ha dato volontariamente il Dna, non voleva che iniziasse l’incidente probatorio. Allora io dico che quel poco di Dna che sembrerebbe emergere dalla spazzatura ci deve dare fiducia».

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