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Anthony Edwards è il prossimo volto dell’NBA?

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Anthony Edwards a canestro

L’NBA, come tutte le grandi leghe, ha bisogno di un simbolo: un giocatore che non sia solo forte, ma che possa connettersi con le masse su più livelli e, in qualche modo, rappresentare il basket anche al di fuori dei canonici confini del campo. Fino ad ora, questo ruolo è stato svolto da LeBron James, “accompagnato” per un certo tempo da Stephen Curry e Kevin Durant: ora che queste icone sono vicine al ritiro – LeBron ha 40 anni, Curry 37 e Durant 36 – la lega professionistica più famosa del mondo è già alla ricerca di qualcuno che possa, almeno da un punto di vista mediatico, prendere il loro posto.

Quali nomi per il futuro volto dell’NBA?

I nomi, di certo, non mancano: c’è Shai Gilgeous-Alexander, probabile prossimo MVP e leader degli Oklahoma City Thunder in grado di primeggiare nella regular season 2024-2025. Non è solo un giocatore eccezionale, ma è anche una figura che emana l’aura tipica dei grandi e si fa apprezzare per questo anche da chi segue meno la pallacanestro. Ci sono poi Luka Doncic, il cui straordinario talento troverà ora una cassa di risonanza ancora più scintillante nelle luci di Los Angeles, e Nikola Jokic, il giocatore più forte del mondo ma anche il più lontano da quello che l’NBA chiede a una sua superstar. Non possiamo non menzionare Jayson Tatum, che ha appena vinto un anello ed è l’atleta più in vista dei campioni in carica, i Boston Celtics. Anthony Edwards, però, ha qualcosa di diverso.

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Anthony Edwards, Il giant killer

Edwards si sta guadagnando l’ambita etichetta di giant killer, l’ammazza giganti. Lo scorso anno, infatti, ha guidato i Minnesota Timberwolves alla seconda finale di Conference della loro storia, e lo ha fatto buttando fuori i Phoenix Suns del suo idolo Kevin Durant prima e i Denver Nuggets di Nikola Jokic poi. Quest’anno, ha superato i Los Angeles Lakers dell’eterno LeBron James e di Luka Doncic, e lo ha fatto sempre con lo stesso sorriso beffardo, sempre con il tono di voce alto e senza aver paura di dire tutto ciò che gli passa per la testa.

Torniamo indietro di qualche mese: su Netflix esce Starting 5, serie che segue alcuni degli atleti più importanti dell’NBA: ad un certo punto, Anthony Edwards dice che avrebbe voluto “cucinare” LeBron, e che se tu non hai questo tipo di desiderio, allora non puoi competere. Quando fa questa dichiarazione, Ant non ha ancora combinato nulla di rilevante nella postseason: un anno dopo, supera i Lakers di LeBron disputando una grandissima serie personale.

Questo ci serve per capire che, sebbene possa sembrare arrogante, Edwards è in realtà consapevole del proprio potenziale e di ciò che può – ma soprattutto deve – raggiungere. Ant non ha paura di niente e di nessuno, ma soprattutto ci tiene bene a farlo sapere a tutti, anche a costo di risultare uno spaccone o un profilo poco credibile. Quando conta, sarà il campo a dargli ragione, come è successo nelle ultime due post-season.

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E adesso?

Quello che lo aspetta ora è una sfida dal sapore mitologico: dopo aver spuntato dalla sua lista Durant, Jokic, LeBron e Doncic, è il turno di Stephen Curry e Jimmy Butler. Steph è uno dei più grandi giocatori di sempre e un simbolo del basket contemporaneo, Butler è il mastino da post-season per eccellenza: in aggiunta, molti ricordano ancora il modo in cui ha forzato il proprio addio da Minnesota 7 anni fa. Queste storyline aggiungono contenuto a una battaglia che potrebbe essere uno spartiacque nella parabola ascendente di Edwards, che ha già fatto ben capire di non essere preoccupato in nessun caso di chi si trova davanti.

Per lui, tutto è una sorta di 1 vs 1. Con questo, non intendiamo che è un giocatore egoista, sia chiaro: semplicemente, è determinato a togliere tutto ciò che si frappone tra lui e l’obiettivo di vincere un anello. Che sia un MVP, il suo mito di sempre o una squadra che ha vinto 4 volte il campionato nel giro di 8 anni, non ha alcuna importanza.

Il tempo, per quanto assurdo, sembra essere contro di lui: come abbiamo detto sin da subito, per essere il volto dell’NBA non è sufficiente essere un giocatore molto forte, ma bisogna saper far arrivare i propri successi al pubblico in maniera magnetica. Prima di tutto, però, occorre vincere: e questo va fatto prima che Shai Gilgeous-Alexander trionfi con Oklahoma, prima che Luka Doncic diventi il centro di una squadra davvero competitiva a Los Angeles, prima che Tatum diventi protagonista di una nuova dinastia e, soprattutto, prima che Victor Wembanyama raggiunga il suo autentico potenziale.

Anthony Edwards è pronto a tutto questo, sempre con il suo sorriso beffardo che dice, forte e chiaro, avanti il prossimo.

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