
Alessandro Bastoni non indossa maschere. Neanche quando si parla di stagione e di aspettative, di stanchezza e di gloria. Reduce dalla battaglia vinta col Bayern, proiettato verso un altro scontro titanico contro il Barcellona, il centrale nerazzurro si concede alla Gazzetta dello Sport e lo fa con quella sincerità che ha lo stesso peso specifico delle sue chiusure difensive.
Alessandro Bastoni:
— Fabrizio Biasin (@FBiasin) April 18, 2025
“…presi singolarmente forse non siamo i migliori, ma tutti insieme possiamo dar fastidio a chiunque” (GdS) pic.twitter.com/N4rj8Zmko1
“Senza coppe, avrei l’amaro in bocca. Ma una stagione così non può essere considerata deludente. Abbiamo giocato 54 partite, con solo venti giorni di pausa in estate, eppure l’esaltazione supera la fatica. A inizio stagione ci siamo detti: proviamo a vincere tutto. È bello non dover scegliere. Certo, potremmo arrivare secondi ovunque, ma a questi livelli sarebbe comunque un grande risultato”.

L’ambizione è chiara, e lo è anche il modello di riferimento: “Il Triplete del 2010? Ci somigliamo nella voglia di soffrire. Come faceva Eto’o che tornava a coprire, oggi lo fanno Lautaro e Thuram. Nessuno si tira indietro”.
Il pensiero corre subito alla semifinale contro il Barça. “Hanno un’identità precisa, ma qualcosa concedono. Il punto è difendere da squadra. Fermare Lamine Yamal? All’Europeo non mi è andata benissimo… vedremo”, dice sorridendo.
E prima ancora, c’è il campionato: “Andiamo a Bologna con entusiasmo. È la squadra più in forma, ma vogliamo prenderci anche questo scudetto. Il Napoli lotterà con noi fino alla fine, non possiamo permetterci passi falsi”.

Tornando alla partita con i tedeschi, Bastoni si illumina: “Contro il Bayern ho sempre creduto che ce l’avremmo fatta. Nessuno ci ha mai pressato così, ma siamo riusciti a uscire palla al piede. Loro erano tra i favoriti, eliminarli significa essere una grande squadra. Abbiamo qualità, ma soprattutto sappiamo giocare in più modi. A livello individuale forse siamo inferiori, ma come collettivo possiamo battere tutti”.
Poi, il sassolino. Forse un sassolone, tenuto lì da tempo. “Qualcuno ha ancora dubbi su di me come difensore puro? È un giudizio molto italiano. C’è invidia, specialmente verso i giocatori ‘nostri’. Vedo tanti cosiddetti fenomeni all’estero che sbagliano più di me. Un tempo le critiche potevano avere un senso, oggi no. Ho lavorato tanto e sono migliorato”.
Leggi anche:
- L’Inter di Simone: l’impronta di Inzaghi e le sue idee, studiate in tutta Europa
- Il Barcellona aspetta l’Inter: cosa pensano in Spagna della squadra di Inzaghi