A Riad dicono che, quando c’è un obiettivo, anche le dune diventano un percorso. Antonio Conte ha preso il Napoli nel momento più difficile e lo ha trasformato in una corazzata con una meta precisa. La Supercoppa vinta in Arabia Saudita è la fotografia di un lavoro che parte da lontano e arriva dove sembrava impossibile.
L'azione che porta al tiro di Spinazzola è l'emblema di come si dovrebbe giocare vs pressing uomo su uomo.
— Francesco Galardo (@Francesclol) December 23, 2025
•Sovraccarico in costruzione
•Movimenti per aprire spazi
•Abilità nel giocare il pallone sotto pressione
•Ricerca del terzo Uomo
Azione splendida del Napoli. pic.twitter.com/7jag8cyAfn
Il viaggio era iniziato il 9 novembre, al Dall’Ara di Bologna, con una sconfitta per 2-0 che sembrava un punto di non ritorno: invece era solo un inizio. Dopo quella partita Conte aveva usato parole durissime: “Parlerò col club, non voglio accompagnare un morto.
“Alleno una squadra senz’anima. La responsabilità è mia”. Polemiche, rumore, dubbi. Quasi due mesi dopo, quel “morto” si è rialzato e ha vinto la Supercoppa, proprio contro il Bologna, firmando una rivincita che porta un nome e un cognome. (continua dopo la foto)

Il primo appunto sul taccuino è dedicato a Neres, principe di Riad ad honorem. Due gol, entrambi decisivi, ma soprattutto un secondo che racconta perfettamente cosa significhi oggi essere “contiani”. Pressing feroce, recupero palla nell’area piccola, doppietta. “Conte mi fa correre come non ho mai fatto in carriera”, aveva detto tempo fa, e non era una battuta.
Sei gol stagionali in tutte le competizioni, uno schiaffo al Milan in semifinale e due al Bologna in finale. Miglior marcatore della Supercoppa nella storia del Napoli. Ha pressato, dribblato, segnato, macinato chilometri. Sempre più dentro il sistema, sempre più totale.
Un’altra chiave è stata il pressing. Conte ha azzannato il Bologna minandone le certezze, soprattutto nella costruzione e nel gioco sulle fasce. La scelta è stata chirurgica: concedere inizialmente l’uscita bassa ai rossoblù e poi colpire altissimo sui portatori. Politano e Neres hanno reso la contromossa devastante. Così si apre un forziere, così un trofeo prende la strada di Napoli.
Specializzato in sponde e laureato in “attacco alla profondità”. Hojlund è stato un’altra delle chiavi della vittoria. Sette gol e tre assist in 19 partite, ma soprattutto un lavoro oscuro e fondamentale. Ha tenuto alta la squadra e l’ha allungata in verticale, dimostrando a Lukaku che Conte, lì davanti, è in buone mani. (continua dopo la foto)

Nessuna rivalità, anzi. Dopo il gol al Milan in semifinale c’è stato l’abbraccio. In campo parla il danese: nel secondo gol ai rossoneri c’è il suo movimento, nel primo l’azione nasce da una palla ricevuta larga e trasformata in assist per Neres. De Winter, bocciato e rimandato, ha scoperto quanto sia dura l’arte della difesa.
La terza chiave è la difesa. Il Napoli ha vinto la Supercoppa senza subire gol in due partite. Una notizia, considerando che in stagione le porte inviolate erano state appena sei in tutte le competizioni. Troppi i gol incassati, troppe le partite sbagliate dietro.
In Arabia Saudita, invece, la squadra ha rischiato poco e capitalizzato quasi tutto. Contro il Bologna le occasioni create sono state molte di più dei gol segnati. Segno di una squadra solida, concentrata, feroce quando serve. Ora il percorso cambia: la strada è più trafficata e piena di insidie. Ma l’obiettivo è chiaro, e porta dritto verso il secondo scudetto di fila. Con Conte, anche il deserto smette di fare paura.
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