
Gioca nell’Inter, ha 36 anni, parla cinque lingue ma in campo ne usa una sola: quella del calcio. Henrikh Mkhitaryan, campione che mette in campo tecnica, equilibrio e intelligenza tattica, è il motore silenzioso della squadra anche nella nuova era firmata Cristian Chivu. Con la serenità di chi ha visto e vinto tanto, l’armeno racconta alla Gazzetta dello sport il suo presente nerazzurro, tra leadership, nuove sfide e un’idea precisa di futuro.
C. Augusto: “La mia versatilità all’Inter mi aiuta molto. Mi sto allenando molto per…”https://t.co/x7IRw8bbCX
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“quest’anno gioco un po’ meno? Per me non cambia niente“, spiega Mkhitaryan, “non misuro l’impegno con i minuti passati in campo, e poi è giusto così: a 37 anni è normale lasciare spazio ai giovani. Penso a Sucic, che ha grande qualità e personalità. È serio, lavora tanto e ha davanti un futuro importante. Non deve essere un nuovo Mkhitaryan, deve essere semplicemente se stesso”.
E proprio sulla capacità di adattarsi ai cambiamenti, il veterano nerazzurro ha le idee chiare: “Se vuoi vincere, devi saper cambiare e accettare le scelte. Nel calcio vince chi si mette in gioco. Nessuno di noi si lamenta, perché il gruppo viene prima di tutto”. (scrivi articolo da questo testo)

Dopo l’addio a Inzaghi, è arrivato il tempo del tecnico romeno. “Il lavoro con Chivu è diverso“, spiega Mkhitaryan. “Giochiamo in modo più verticale, cerchiamo di finalizzare prima. Lui è meticoloso, cura ogni dettaglio, e questo fa la differenza. Gli allenamenti sono intensi e divertenti, ti tengono concentrato. È stato bravo a farci voltare pagina dopo la scorsa stagione: il passato non si cambia, ma il futuro si può scrivere”.
Il centrocampista sottolinea anche l’approccio mentale imposto dal nuovo allenatore: “Sapere la formazione solo tre ore prima della partita non è un problema. Ti obbliga a restare sempre pronto e con la testa giusta”.
Da veterano, Mkhitaryan si sente un fratello maggiore per i più giovani. “Ho detto a Pio Esposito e a Bonny che gli attaccanti devono essere più egoisti: verranno giudicati dai gol. Ma serve equilibrio: su Pio c’è troppa pressione, e non mi piace. È un ragazzo con grande potenziale, ma va lasciato crescere con calma. Se bruci le tappe, lo rovini”.
Poi una riflessione più ampia, che va oltre il calcio: “Oggi i ragazzi guardano troppo il telefono. È come fissare una sola stella nel cielo e non vedere le altre. In campo è lo stesso: abbassi la testa, guardi solo il pallone e perdi di vista i compagni. È una malattia della nuova generazione”. (continua dopo la foto)

Sulle prospettive stagionali, Mkhitaryan non cerca alibi: “Due partite non bastano per dire chi siamo, ma la crescita è evidente. Stiamo aggiustando i dettagli, manca poco per fare clic. L’importante è restare uniti, come gruppo e come uomini”. E sulla corsa scudetto aggiunge: “Tutti vogliono vincere, noi compresi. Il Napoli lo ha fatto l’anno scorso, ma siamo ancora tra i favoriti. Daremo tutto per riprenderci il tricolore”.
Alla soglia dei 37 anni, l’armeno non parla di addio, ma di consapevolezza. “Voglio giocare finché potrò dare qualcosa alla squadra. Quando capirò che non ho più la stessa forza, dirò grazie e arrivederci. Ma finché ci sarò, darò tutto. Il calcio è la mia vita, in tutte le lingue del mondo”.
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