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Jannik Sinner, “il ritorno”: dalla povertà al trionfo, il docufilm sulla vita del Numero Uno

A soli 24 anni, Jannik Sinner è il numero uno del ranking mondiale e ora anche protagonista di un docufilm, “Il ritorno”, che racconta il percorso straordinario del fenomeno italiano. Nato in un piccolo paese altoatesino, il giovane tennista ha affrontato mesi difficili a causa della vicenda Clostebol, ma ha saputo rialzarsi grazie anche alla forza delle proprie radici.

Il documentario realizzato da Rolex parte proprio da questo momento di riflessione, per ripercorrere l’infanzia, i sacrifici familiari e la scelta che ha cambiato per sempre la sua vita sportiva. Sinner cresce a Sesto, in Val Pusteria, in una famiglia con risorse limitate. “Non avevamo molte cose“, racconta Jannik, “mio padre faceva il cuoco e mia madre la cameriera nello stesso ristorante. Hanno fatto tanti sacrifici per me e non smetterò mai di ringraziarli”.

Lo sport è parte della vita quotidiana: tra sci, calcio e tennis, Sinner scopre presto la propria inclinazione per la racchetta. “Sugli sci se sbagli perdi subito, nel tennis puoi sbagliare e riprendere la partita. Ho capito subito che il tennis era lo sport giusto per me“.

L’educazione ricevuta in famiglia gli ha trasmesso disciplina e senso della responsabilità. Il rapporto con i genitori, sempre presente ma a distanza di sicurezza, diventa un punto fermo durante la sua carriera. “Ripenso al posto da cui provengo e agli sforzi fatti“, spiega. “Ogni giorno che entro in campo sento quella forza dentro di me“.

A 13 anni e mezzo, Sinner prende una decisione che cambierà la sua vita. Si trasferisce a Bordighera per allenarsi, lasciando amici, fratello e i suoi sport preferiti. “Ho lasciato tutto a casa e la mia vita è cambiata da un giorno all’altro. Ho cominciato allenamenti quotidiani, dolori muscolari mai provati prima, e ho capito chi ero e cosa potevo fare“. (continua dopo la foto)

Il trasferimento rappresenta un momento di crescita personale oltre che sportiva. Sinner scopre la propria capacità di adattamento e resilienza, caratteristiche che lo accompagneranno per tutta la carriera. “In quel momento ho capito che persona ero e quanto rapidamente stavo crescendo praticando lo sport che amo“.

Il documentario ripercorre poi gli anni di formazione e i primi successi sul circuito giovanile. Il 2019 segna un punto di svolta: Sinner vince il primo Challenger, chiude l’anno tra i primi 100 giocatori del mondo e trionfa alle Next Gen Finals ATP. “Tutto è successo molto in fretta”, racconta, “ma ho sempre sognato di diventare un campione Slam“.

L’ingresso nel mondo professionistico porta con sé pressione, aspettative e inevitabili difficoltà. La vicenda Clostebol rappresenta un momento di crisi: il campione italiano deve affrontare giudizi esterni e momenti di grande tensione emotiva. “Sono severo con me stesso, dubbi ne ho ogni giorno, ma ricordo sempre cosa sono capace di fare“.

Durante il periodo di sospensione, Sinner trova forza nella famiglia e negli amici. “Se sei felice fuori dal campo, in campo diventa tutto più facile. Ho sentito che stava tornando un nuovo me”. È proprio questo senso di radici salde e stabilità personale che gli permette di affrontare la pressione e tornare competitivo ai massimi livelli.

Sinner, dalle radici al trionfo

Il docufilm mostra un ragazzo che ha attraversato vite diverse: da quella di paese tra montagne e sci, alla decisione di partire giovane per inseguire il sogno, fino a diventare simbolo del tennis italiano. Ogni fase raccontata contribuisce a capire come Sinner sia arrivato ai vertici del mondo con disciplina, sacrificio e una forte consapevolezza di sé.

Nonostante la giovane età, Sinner ha già conquistato il circuito mondiale e continua a inseguire ambizioni ambiziose. “Il mio primo vero salto di qualità è stato a 18 anni“, ricorda, “ma non do mai nulla per scontato. Ogni partita è una nuova sfida“.

Il documentario non è solo celebrazione dei successi, ma testimonianza della forza interiore e del legame con le proprie origini. Per Sinner, il futuro è tutto da scrivere, ma le basi costruite fin da bambino, tra sacrifici familiari e scelta di dedicarsi completamente al tennis, sono solide. Il numero uno del mondo è un ragazzo che ha saputo trasformare le difficoltà in energia e la passione in risultati.

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