
Il volley italiano si prepara ad affrontare un Mondiale che promette emozioni intense, e alla guida della Nazionale femminile c’è Julio Velasco, che in una caldissima mattinata d’agosto ha ricevuto la Gazzetta dello Sport al Centro Pavesi di Milano, quartier generale della pallavolo azzurra.
Solita interessante intervista al guru #JulioVelasco @Gazzetta_it https://t.co/hAeF22qbmR
— LetteraturaDiViaggio (@Taccuini) August 17, 2025
Martedì la squadra partirà per la Thailandia, dove venerdì affronterà la Slovacchia nella prima partita della competizione. L’allenatore argentino appare sereno e consapevole della forza della sua squadra, pronta a confermare il dominio dopo l’oro olimpico di Parigi 2024 e una striscia di 29 vittorie consecutive.
Velasco racconta come si ricrea la motivazione in un gruppo già vincente: “Le ragazze hanno fatto un patto tra loro. Dare il massimo per riportare in Italia un Mondiale che non vinciamo dal 2023. Sono consapevoli che se riescono a vincere Olimpiadi, Nations League e Mondiale diventano una squadra importante. Non ho avuto bisogno di motivarle. Questo è un gruppo fantastico“.
Sul ruolo del tecnico e della creazione del gruppo, Velasco spiega: “Dicono che io vinco perché creo il gruppo. Ma il gruppo si crea perché si vince. Se la squadra vince, funziona. Ed è più facile che i rapporti fra le persone funzionino. Se non si gioca bene, non si crea il gruppo“.
L’allenatore aggiunge anche un approccio pragmatico: “Si sono guardate in faccia e si sono dette: ‘lasciamo perdere le stronzate’. A me non interessa se siete amiche, ho spiegato io, non siamo qua per andare in vacanza”. Partire da campioni olimpici è un vantaggio ma comporta anche pressioni particolari”. (continua dopo la foto)

“Un vantaggio perché c’è consapevolezza. Lo svantaggio? L’obbligo di vincere è il fardello più pesante che uno sportivo possa avere. Noi dello staff cerchiamo di non aggiungere carichi di aspettative. Alle ragazze non serve che diciamo che devono vincere questo Mondiale. Non ne parliamo proprio. La nostra filosofia è ‘palla dopo palla, set dopo set, partita dopo partita‘”.
Velasco sottolinea l’importanza dell’apprendimento anche dalle difficoltà: “Si impara di più da una sconfitta. Però dopo una vittoria dobbiamo ragionare come se avessimo perso, per capire dove migliorare. Le ragazze sono state bravissime“.
L’intervista tocca anche episodi della carriera di Velasco: “Per quanto riguarda la mia carriera, penso al Mondiale dell’82 in Argentina. E poi, quando fui chiamato dalla Panini Modena… Io col mio curriculum non mi sarei mai chiamato. Ma è vero, non nascondo di essere stato anche bravo a sfruttare quell’occasione“.
Sul confronto tra allenare uomini e donne, Velasco è chiaro: “Le donne rendono le cose molto più facili. Sono disciplinate, concentrate, obbedienti. Gli uomini si distraggono più facilmente. Per un uomo è meno complicato allenare le donne proprio perché porta in panchina la sua esperienza”.
Julio Velasco: “Il mio vero sogno è che i miei cari stiano bene”
Il tecnico riflette anche sulla propria formazione e sulla multiculturalità: “Sono nato in una famiglia multietnica. L’Argentina è un Paese di emigranti e di immigrati. Mi piace il melting pot, la contaminazione è produttiva. L’identità non è mai fissa“.
Velasco parla con sincerità dei propri valori: “Il mio vero sogno è che le persone a me care stiano bene, in primis i miei quattro nipoti. Voglio lavorare sino all’ultimo dei miei giorni, sia in Italia sia, eventualmente, in Argentina. Non ho mai avuto dubbi dopo l’oro di Parigi. Non voglio andare in pensione“.
E una curiosità personale emerge tra le righe: “Il brutto del volley? Che ho dovuto smettere col tango… E poi ci sono le mie partite a pallone con Pioli. Piccole gioie che fanno parte della mia vita”.
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