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Garlasco, che cos’è questa storia dell’impronta femminile: cosa sappiamo

Garlasco, che cos’è questa storia dell’impronta femminile: cosa sappiamo – A distanza di quasi 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, si riaccendono i riflettori su uno dei casi più controversi della cronaca giudiziaria italiana. La Procura di Pavia ha avviato una nuova indagine per riesaminare i reperti raccolti nel 2007 nella villetta di Garlasco, con l’obiettivo di rimettere in discussione una verità processuale mai del tutto accettata da tutti. A chiedere un nuovo approccio scientifico al caso è l’avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi insieme alla collega Giada Boccellari. Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata, ma oggi la difesa punta a riaprire la vicenda, partendo dalle tracce rimaste sulla scena del crimine.

Il focus sulle impronte e le nuove tecnologie forensi

“Vorremmo fare una rivisitazione, a livello scientifico, di tutto. Anche delle impronte dei piedi”, ha dichiarato De Rensis. Tra queste, spicca una parziale di numero 36/37, ritenuta potenzialmente femminile. L’avvocato ritiene che con le tecnologie attuali sia possibile ottenere nuovi risultati che all’epoca non erano raggiungibili. Non è solo una questione di numeri di scarpe. Al centro delle nuove analisi c’è anche l’impronta “33”, già repertata sulla scena del crimine, che potrebbe essere collegata ad Andrea Sempio, un amico del fratello della vittima. Quest’ultimo risulta oggi indagato in concorso con altre persone oppure con lo stesso Stasi in un’ipotesi che cambia radicalmente la narrazione: l’omicidio potrebbe essere stato commesso da più soggetti.

Il reperto scomparso e l’intonaco “grattato”

Tra i reperti su cui si concentrano gli sforzi degli investigatori, uno in particolare ha catturato l’attenzione, come scrive “Fanpage”: l’involucro con l’intonaco grattato via 18 anni fa da un muro delle scale della villetta. Sarebbe collegato proprio all’impronta attribuita a Sempio. Il materiale era stato prelevato con un bisturi sterile, ma la sua attuale esistenza è in dubbio. Potrebbe essere stato distrutto, essendo il caso chiuso con sentenza passata in giudicato. Tuttavia, se recuperato, potrebbe rivelare tracce di sangue della vittima, rendendolo un elemento potenzialmente decisivo. Secondo la difesa di Stasi, in quel pezzo di muro si potrebbe individuare materiale biologico utile a ricostruire “pezzo per pezzo” l’intera dinamica del delitto. È attesa nei prossimi giorni una consulenza tecnica che verrà depositata ufficialmente dai legali.

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