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Sinner, quanti misteri: viaggio fra le scorie di Parigi e i turbamenti di Jannik

C’è un turbamento silenzioso che attraversa il mondo di Jannik Sinner. Un’inquietudine che non si legge nei suoi comunicati ufficiali, ma che si percepisce tra le righe dei suoi silenzi, nei tempi delle sue scelte, nel linguaggio del corpo di un numero uno che si prepara a Wimbledon con una squadra dimezzata e molte domande lasciate senza risposta.

Mentre Londra si prepara ad accoglierlo e l’Italia attende il suo debutto nel derby con Luca Nardi, il campione altoatesino vive un momento delicato: ha deciso, senza preavviso, di separarsi da Marco Panichi, il suo preparatore atletico, e da Ulises Badio, il fisioterapista. E lo ha fatto proprio alla vigilia dello Slam più importante dell’anno.

“Non è successo niente di clamoroso“, ha tagliato corto in conferenza stampa, nascosto in una felpa chiara e con uno sguardo serio, senza alcuna voglia di entrare nel merito. Ma la separazione dal suo staff tecnico non è stata certo un passaggio marginale, né indolore. (continua dopo la foto)

Solo pochi giorni fa, ad Halle, lo si vedeva scherzare con Badio, in campo e fuori. E proprio a Parigi, dopo la sconfitta con Alcaraz, aveva sottolineato di essere rimasto in piedi anche fisicamente, segno che il lavoro del suo team aveva funzionato.

Eppure, la cesura è arrivata. A quanto pare, subito dopo il ko con Bublik in Germania. E nessuno, né Sinner né chi gli sta intorno, ha fornito una spiegazione concreta. Solo parole generiche: “Mi sento libero, sto bene fisicamente e mentalmente. So qual è il mio obiettivo a Wimbledon“. Ma il tempismo della decisione, e il modo in cui è avvenuta, hanno colpito l’ambiente e lasciato sulla questione un’aurea di mistero.

Non è la prima volta che Jannik opera un ribaltamento del proprio gruppo di lavoro. Lo aveva già fatto con Riccardo Piatti, lasciato a sorpresa dopo molti anni di collaborazione. Poi erano stati allontanati anche Ferrara e Naldi in seguito al celeberrimo caso Clostebol. Ora tocca a Panichi e Badio. Il copione si ripete: cambi di rotta improvvisi, dichiarazioni distaccate, nessuna voglia di spiegare.

“Sono cose che nello sport succedono“, ha ribadito più volte Jannik. Ma nessuno cambia un team consolidato senza un motivo forte. Che siano scorie della sconfitta con Alcaraz, o divergenze maturate nel lungo stop di tre mesi per infortunio, resta il fatto che oggi il numero uno del mondo arriva al torneo più importante della stagione senza un pezzo importante del suo staff.

Non sto cercando nessuno al momento, ci penserò più avanti”, ha detto quando gli è stato chiesto dei sostituti. Un’altra frase che lascia temere una certa confusione interna. A chi gli chiede quali qualità cercherà nei prossimi collaboratori, risponde con una metafora domestica: “Come mio papà in cucina: se il cuoco non fa le cose per bene, gli altri stanno male. Bisogna fidarsi“. (continua dopo la foto)

E forse, proprio lì sta il cuore della questione: la fiducia. Forse Sinner ha sentito che qualcosa si era rotto, che un equilibrio non era più garantito. E allora ha deciso di rompere, anche a costo di farlo nel momento meno opportuno.

Per ora resta da lui solo qualche dichiarazione generica, sobria ma rigida: “Wimbledon è speciale, voglio dare il massimo. Il lavoro fatto nei mesi scorsi mi dà sicurezza, il timing non è l’ideale ma non influirà“. Ha messo un punto, senza aggiungere altro. E si è rifugiato, ancora una volta, nel tennis: il suo suo rifugio privato. Lì dove fra una racchettata e un’altra non servono spiegazioni.

Il campo dirà se questa terza rivoluzione porterà frutti o se lascerà scorie. Di certo, nel mondo di Sinner qualcosa si è mosso. E per ora, il numero uno preferisce non farcelo sapere.

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