“Vogliamo essere libere”
«Ci hanno tolto il diritto più grande che un essere umano possa avere», continua un’altra studentessa. «Siamo stanche di non sentirci libere. Abbiamo sempre paura. E non è giusto. Non si può ancora vivere così nel 2025. Non si può sentire che sia stato un raptus.», ha aggiunto. Queste parole pesano come macigni. Non sono dichiarazioni scritte da adulti o da esperti. Sono la voce delle ragazze italiane del 2025, cresciute con l’illusione di essere libere, ma costrette ancora a guardarsi le spalle. Perché dire no può costare la vita. Perché innamorarsi può diventare una condanna.

Non una di meno. Mai più.
Martina ora è un nome tra tanti, troppi, incisi nella cronaca nera del Paese. Ma il suo ricordo cammina sulle gambe delle sue compagne, vive nelle parole dei suoi amici, brucia nelle coscienze di chi non vuole più voltarsi dall’altra parte. Finché ci saranno studenti capaci di scendere in piazza, di unirsi in silenzio per gridare giustizia, di rifiutare narrazioni comode e anestetizzanti, c’è speranza. Una speranza fragile, certo. Ma indispensabile. E allora, che la memoria di Martina sia un impegno collettivo. Un patto generazionale. Perché nessun’altra ragazza debba più perdere la vita per mano di chi non sa amare senza distruggere.