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Martina uccisa dall’ex, il gesto da brividi delle compagne di scuola: italiani in lacrime

Martina uccisa dall’ex, il gesto da brividi delle compagne di scuola: italiani in lacrime – Un silenzio assordante dopo la tragedia. Non c’erano parole abbastanza forti, né lacrime sufficienti, per raccontare il vuoto lasciato da Martina Carbonaro, la 14enne uccisa ad Afragola dall’ex fidanzato, appena quindicenne. Una notizia che ha squarciato il cuore non solo della comunità campana, ma dell’intero Paese. La vita di Martina è stata interrotta con una violenza che non trova giustificazioni, né attenuanti. Non un “raptus”, non un gesto d’impeto, come troppo spesso si tende a liquidare crimini così efferati. Ma un atto deliberato che ha tolto a una ragazza il diritto più sacro: vivere.

Il dolore dietro i banchi di scuola

Tra i banchi che Martina frequentava ogni giorno, il clima è irreale. Compagni e compagne si muovono in silenzio, con lo sguardo basso, smarriti. I professori cercano di offrire parole di conforto, ma è difficile spiegare l’inspiegabile. Come si racconta a un’adolescente che il suo diritto di vivere libera, di amare, di sbagliare, di crescere… può essere stroncato per mano di chi diceva di volerle bene? Martina aveva solo 14 anni. E aveva tutta la vita davanti. Studiava, rideva con le amiche, coltivava sogni. Forse sognava il mare, l’estate, un futuro da inventare. E invece è diventata l’ennesima vittima di un sistema che non ha saputo proteggerla. È da questo dolore che nasce la rabbia. Le compagne e i compagni di scuola non ci stanno. Non vogliono che la morte di Martina venga archiviata come un fatto di cronaca nera, un titolo tra tanti. E così, pochi giorni dopo la tragedia, hanno deciso di reagire. Non con violenza, ma con la forza della presenza, della voce, della solidarietà.

Il flash mob in memoria di Martina

E allora, in una mattinata sospesa tra lacrime e determinazione, la scuola si è fermata. Ragazzi e ragazze si sono riuniti per un flash mob. Nessun urlo, nessun slogan urlato. Solo corpi e voci che si muovono all’unisono per dire che Martina non sarà dimenticata. «La famiglia di Martina, colpita da questo lutto, non deve essere lasciata sola», ha detto uno degli studenti. Non è solo un messaggio di vicinanza, è una presa di posizione. Perché questo dolore, se non diventa impegno, rischia di restare sterile. A prendere la parola sono soprattutto le ragazze. Le compagne di Martina, le coetanee, le sorelle simboliche di tante adolescenti che ogni giorno devono convivere con la paura. «Siamo stanchedi essere ancora una volta qui a riunirci per gridare a nome di una donna. Perché non si può parlare di infanticidio. È femminicidio», dicono. È una parola che pesa, ma che va detta. Perché finché si parlerà di “tragedia”, di “gesto folle”, di “amore malato”, si continuerà a nascondere la verità. E la verità è che Martina è stata uccisa perché era una ragazza, una donna in divenire. E come tale, secondo una mentalità malata ancora radicata, doveva essere controllata, posseduta, punita.

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