Nel 1985 Nature pubblicò uno studio che prediceva il superamento degli uomini da parte delle donne nelle maratone. Entro il 2000, diceva l’articolo, le atlete avrebbero vinto le gare di resistenza superando gli atleti. Le statistiche ci dicono che la ‘profezia’ non si è avverata, ma il dato significativo c’è: sono sempre di più le gare di resistenza, anche particolarmente ardue, in cui le donne battono gli uomini. Ultima epica impresa è quella di Jasmin Paris, vincitrice della Spine Race, una delle corse più lunghe e dure al mondo. I corridori devono percorrere 428 chilometri sue giù per le colline inglesi. Erano 126 i partecipanti, per la maggior parte uomini. Paris, 35enne scozzese, è arrivata ben 15 ore prima del secondo classificato, coprendo l’intero percorso in 83 ore e 13 minuti.
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Resistenza femminile vs forza maschile
Da questa impresa ha preso spunto un articolo pubblicato sul Financial Times (Why women are outperforming men at the extremes of endurance), che ha fatto molto discutere il mondo del running. Ma il tema non è nuovo, e non riguarda solo la maratona: nel 2017 Sarah Thomas segnò il record di miglia nuotate in mare aperto (104). E le quattro maggiori distanze di questa disciplina sono sempre stabilite da donne. La Trans Am Bike Race, gara di ciclismo che attraversa gli USA in oltre 7 mila chilometri, è stata vinta da Lael Wilcox dopo 18 giorni di corsa. Diversi studi relativi alle performance nelle lunghe distanze attestano migliori performance femminili rispetto a quelle maschili (un esempio qui).
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Insomma, le donne sembrano essere diventate negli anni più potenti degli uomini negli sport di resistenza. La statistica ci dice che il superamento non è avvenuto, ma la scienza ha cominciato a chiedersi perché, considerate le differenze fisiche, il dato stia diventando così lampante. Per esempio, uno studio pubblicato su Applied Physiology, Nutrition, and Metabolism riscontra che gli uomini sono più veloci e più potenti, ma si stancano prima. Mentre le donne, pur avendo una minore forza, sanno perdurare nello sforzo.
Altre ricerche hanno dedotto – in via ipotetica – che i corpi femminili sono più portati a bruciare energie in modo sistematico, e non improvviso. Ovvero, lo sforzo iniziale non esaurisce tutta l’energia, ma questa perdura fino alla seconda parte della gara, quando gli uomini iniziano a perderla. Alcuni studi attribuiscono la maggiore resistenza all’immagazzinamento del glicogeno, altri persino ad un’attitudine psicologica che induce a perseverare ma allo stesso tempo risparmiare. Come se gli uomini azzardassero di più all’inizio, mentre le donne fossero capaci di centellinare le forze per non trovarsene prive. La scienza si sta ponendo la domanda, nel frattempo il mondo dello sport sta cominciando a fare i conti con la nascita delle donne super-resistenti.
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