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Jannik Sinner, incredibile: “Mai violate le regole, è stato un errore”

Dopo dodici mesi di incertezze, sospetti e tensioni, l’International Tennis Integrity Agency ha finalmente chiarito che Jannik Sinner non ha mai violato le regole antidoping. Ma lo dice solo adesso. Il Corriere dello Sport ha commentato con durezza la vicenda, sottolineando come le dichiarazioni di oggi siano in netta contraddizione con quelle di inizio anno.

L’8 gennaio scorso, la Ceo dell’Itia Karen Moorhouse aveva parlato di una possibile squalifica tra uno e due anni per Sinner: “Se risulti positivo a una sostanza vietata, il punto di partenza per una possibile squalifica è di quattro anni. Se si può dimostrare che non sia stato intenzionale, la pena si riduce a due anni”.

“A questo punto si devono fare delle differenziazioni” aveva aggiunto il Ceo parlando del caso di Iga Swiatek. “Nel caso di Swiatek parliamo di un prodotto contaminato, mentre per Sinner c’è la complicazione che il suo sia un prodotto non contaminato, in quanto il fisioterapista ha usato sul suo dito il prodotto in questione che conteneva il principio attivo dopante. Per questo, l’intervallo della squalifica va da uno a due anni”.

Ora, a distanza di un anno, la stessa Moorhouse ha cambiato versione: “Non c’è stata alcuna violazione delle regole del programma antidoping del tennis”, ha dichiarato. Secondo la consulenza legale ricevuta dall’Itia, nessuno dello staff di Sinner poteva essere perseguito penalmente.

La clamorosa inversione di rotta lascia l’amaro in bocca. Come sottolinea il Corriere dello Sport, il 10 marzo è scaduto un anno dall’inizio del caso Clostebol a Indian Wells, e in tutto questo tempo Sinner ha vissuto una pressione insostenibile.

Tra il controllo antidoping e la comunicazione della positività sono trascorsi ben cinque mesi, un tempo infinito che ha costretto l’azzurro a convivere con lo spettro della squalifica e con un’ondata di accuse ingiustificate.

Jannik Sinner, un “massacro mediatico” ingiustificabile

Lo stress psicologico non ha fermato la sua ascesa: numero 1 del mondo per 40 settimane consecutive, vincitore dell’US Open, delle ATP Finals, dell’Australian Open e protagonista del trionfo in Coppa Davis. Successi straordinari, ottenuti mentre si difendeva da insinuazioni velenose e attacchi mediatici.

Ora l’Iitia riconosce l’errore, ma il Corriere dello Sport non risparmia critiche feroci. Sinner è stato sottoposto a un linciaggio mediatico vergognoso, vittima di una macchina del fango costruita sull’incapacità delle istituzioni sportive di gestire la vicenda con correttezza e tempestività.

Per mesi, il nome di Sinner è stato accostato a quello di chi si dopa per vincere, macchiando ingiustamente la reputazione di un atleta limpido, mai sfiorato da ombre di scorrettezza. La lentezza burocratica e la totale assenza di chiarezza dell’Itia hanno consentito a opinionisti e colleghi tennisti di scatenarsi, insinuando il sospetto che l’azzurro fosse colpevole.

Un massacro gratuito, che ha rischiato di compromettere la carriera di un campione. Adesso, a danno fatto, arrivano le scuse non dette. La domanda è inevitabile: chi pagherà per questo scandalo?

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