
Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci avevano appena compiuto 18 anni quando furono uccisi in via Mancinelli, a Milano, alle 19:45 di una tranquilla serata di marzo del 1978. Due ragazzi legati da una forte amicizia, cresciuti nel quartiere Casoretto, frequentatori abituali del centro sociale Leoncavallo e impegnati in attività culturali e politiche. Quel giorno avevano programmato una cena a casa di Fausto, dove la madre Danila aveva preparato un risotto. Poi sarebbero tornati al centro sociale per ascoltare un concerto jazz del chitarrista Roberto Ciotti. Non fecero mai ritorno. Tre uomini li aspettavano. Uno indossava un impermeabile chiaro, un altro impugnava una Beretta 34 calibro 7,65, avvolta in un sacchetto per non lasciare tracce. Gli spararono otto colpi: Iaio morì sul colpo, Fausto spirò in ospedale. Oggi, a 47 anni di distanza, la svolta. (Continua dopo le foto)

Il contesto storico dell’omicidio di Fausto e Iaio
Poco dopo, un volantino di rivendicazione comparve a Roma: portava la firma dell’Esercito Nazionale Rivoluzionario – Brigata Franco Anselmi, un gruppo legato alla destra eversiva neofascista. Era passato solo un giorno dai funerali, e due da un altro evento drammatico: il rapimento di Aldo Moro. Il contesto storico è quello degli anni di piombo, segnati da violenze politiche e attentati. Ma l’omicidio di Fausto e Iaio ha sempre avuto qualcosa di diverso: il simbolismo, il silenzio giudiziario, e soprattutto la lunga ombra del movente politico, mai chiarito. Per decenni il caso è rimasto senza colpevoli, pur essendo accompagnato da indizi, testimonianze e una matrice ideologica evidente. Oggi, a 47 anni di distanza, la giustizia riapre quel fascicolo con la speranza di dare un nome e un volto ai colpevoli. (Continua dopo le foto)


Omicidio Fausto e Iaio, emergono nuove prove: riaperte le indagini dopo 47 anni dal delitto
Il fascicolo, archiviato nel 2000 dalla gip Clementina Forleo, conteneva già “significativi elementi” a carico di Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi. Tre figure legate ai Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), alla Banda della Magliana e al sottobosco criminale della destra eversiva romana. Tuttavia, quegli elementi non furono ritenuti sufficienti per arrivare a una condanna. Il caso venne chiuso, lasciando le famiglie con una ferita mai rimarginata. Oggi, è la gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo ad accogliere la nuova richiesta della Procura di Milano, firmata dai pm Leonardo Lesti e Francesca Crupi. Il motivo?
Una nuova comparazione dattilografica tra due volantini di rivendicazione: quello rinvenuto dopo i funerali dei ragazzi e un altro legato a un attentato contro la sezione del PCI nel quartiere Balduina di Roma, avvenuto il 29 maggio 1978. Entrambi i documenti, firmati con la medesima sigla, presenterebbero tratti tipografici coincidenti, non analizzati in precedenza. La riapertura è stata possibile anche grazie a una nuova informativa della Digos e alla rivalutazione di documenti desegretati, reperti mai analizzati e testimonianze rispolverate. Tra i dettagli riemersi, un berretto blu rinvenuto sul luogo dell’omicidio, che però non fu mai sottoposto ad analisi e che nel tempo è scomparso. Gli inquirenti sperano di condurre nuove indagini balistiche e forensi, approfittando delle tecnologie moderne.
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