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Inter, quattro giorni da incubo: tra poco cinismo e disattenzioni la squadra di Chivu crolla ancora

Quattro giorni dopo il ko nel derby, l’Inter inciampa anche in Europa e cade al Metropolitano contro l’Atletico Madrid, incassando la prima sconfitta in Champions League. Un verdetto amaro, perché la prestazione dei nerazzurri — come nel caso del Milan — è stata per lunghi tratti convincente: gioco fluido, qualità elevata, occasioni create in quantità superiore rispetto agli avversari. Ma, ancora una volta, a determinare la sconfitta sono state la scarsa concretezza sotto porta e una serie di errori individuali che pesano enormemente sul risultato.

Errori fotocopia: l’origine dei gol subiti

Il primo gol dell’Atletico ricalca in maniera quasi inquietante quello incassato nel derby. Calhanoglu perde un pallone sanguinoso nella zona più delicata del campo, l’Inter si fa sorprendere in transizione e concede una ripartenza letale che ribalta l’inerzia del match. È un copione che si ripete, un difetto strutturale che ormai non può essere archiviato come un episodio isolato.
La rete decisiva di Gimenez, invece, nasce da un problema diverso ma ugualmente grave: il calo di attenzione. Lasciare libero in area un difensore che ha costruito buona parte della propria carriera sui colpi di testa è un errore tattico imperdonabile, soprattutto negli ultimi minuti di una sfida europea dove ogni dettaglio pesa come un macigno. Proprio quei dettagli che, come ricordano da sempre gli allenatori, definiscono la Champions League.

Cambi non incisivi e una gestione rivedibile

La differenza tra i due allenatori si è vista anche dalla panchina. Simeone ha inserito giocatori freschi che hanno cambiato ritmo, intensità e pressione sulla partita. Chivu, invece, non è riuscito a incidere con le sue scelte. L’assenza di Dumfries continua a pesare in maniera evidente: Carlos Augusto ha ribadito le difficoltà nell’agire sul lato destro, mentre l’ingresso di Luis Henrique, dopo settimane di esclusioni, è apparso più una scommessa improvvisata che un cambio funzionale.
In un finale così delicato, sarebbe forse stato più logico inserire De Vrij per aggiungere centimetri, leadership difensiva ed esperienza internazionale. Una scelta che avrebbe potuto rivelarsi preziosa proprio sull’azione che ha portato al gol di Gimenez.

Il momento complicato di Lautaro e le certezze che restano

Il capitano Lautaro Martinez non è mai stato e non sarà mai un problema per l’Inter, ma attraversa un momento complicato. Come nel derby, anche a Madrid il suo contributo è stato generoso ma poco incisivo. Il Toro lotta, si muove, cerca lo spazio, ma non riesce a incidere come ci si aspetta da lui nelle notti europee.
A bilanciare le difficoltà del capitano c’è il rendimento di Bonny, sempre pronto e sempre utile, mentre Thuram sta ritrovando progressivamente la miglior condizione. Ma l’Inter, per restare competitiva ai massimi livelli, ha bisogno del suo leader offensivo nella versione più brillante.

Una stagione ancora lunga, ma serve un cambio di mentalità

La sconfitta è dolorosa perché immeritata sul piano del gioco, ma non casuale. Gli stessi errori si ripetono: mancanza di ferocia sotto porta, cali di concentrazione nei momenti decisivi, difficoltà nel gestire il risultato. L’Inter di Chivu è una squadra che sa creare, dominare e incantare, ma che fatica a mantenere lucidità quando deve proteggere un vantaggio o resistere alla pressione avversaria.
I gol torneranno, la qualità non manca, ma senza un lavoro profondo sulle disattenzioni la stagione rischia di diventare un percorso ricco di belle prestazioni ma povero di trofei. E la Champions, più di ogni altra competizione, non perdona chi lascia aperta la porta ai propri limiti.

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