
Il ritiro di Jannik Sinner dopo soli cinque game nella finale di Cincinnati contro Carlos Alcaraz ha alimentato il dibattito fra gli appassionati: c’è chi sostiene che l’azzurro sia fisicamente troppo fragile, e che questo gli causi problemi nel reggere la pressione e il ritmo del circuito, ricordando in modo piuttosto impietoso altri momenti di crisi nel suo passato.
Questa cosa qui è da far vedere a qualsiasi ragazzo o bambino che si affacci al mondo dello Sport #Alcaraz #Sinner #CincinnatiOpen2025 pic.twitter.com/Dg3BBHoMtV
— Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro) August 19, 2025
I critici puntano il dito a ogni stop, nonostante gli straordinari risultati ottenuti dall’azzurro nel corso della sua giovane carriera. In realtà, però, i numeri raccontano un’altra storia. In tutto il suo percorso fra i professionisti, i ritiri in partita sono stati piuttosto rari, segno di una solidità che smentisce certi tentativi di etichettare in modo negativo il nostro numero uno.
Quello di Cincinnati è stato infatti il primo ritiro in una finale ATP per Sinner e, soprattutto, il sesto complessivo in 378 partite. Certo l’attesa era enorme: n. 1 e n. 2 del mondo di nuovo faccia a faccia, ma dopo soli 23 minuti e cinque game sul 5-0 per Alcaraz, Jannik ha dovuto fermarsi. “Già ieri non mi sentivo bene”, ha spiegato nel post-match, “sono sceso in campo solo per i fan“. (continua dopo la foto)

L’ultimo ritiro prima di Cincinnati risaliva al 23 giugno 2023, quarti di finale sull’erba di Halle contro Alexander Bublik: un problema muscolare alla gamba sinistra lo costrinse a lasciare il campo dopo 57 minuti, sotto 7-5 2-0. Era un altro Sinner, meno forte fisicamente di oggi, ma capace qualche settimana più tardi di centrare la sua prima semifinale Slam a Wimbledon.
C’è sempre qualcosa da raccontare quando Sinner incrocia Holger Rune. Ma non quella volta in semifinale a Sofia 2022: dopo aver vinto il primo set, perso il secondo e finito sotto 5-2 nel terzo, una distorsione alla caviglia destra lo fermò nonostante bendaggi e trattamenti. L’incontro era quasi finito, ma l’azzurro dovette comunque ritirarsi.
Sempre nel 2022 arrivò lo stop al Roland Garros contro Andrey Rublev. Agli ottavi, Sinner aveva dominato il primo set 6-1, ma un vecchio problema al ginocchio sinistro si riacutizzò. Nonostante un analgesico, Jannik non riusciva più a caricare la gamba e fu costretto a ritirarsi sotto di un break nel terzo set, tra i rimpianti per un torneo in cui poteva arrivare lontano.
Il 2022 resta l’anno più complicato per Sinner, con tre ritiri complessivi. Il primo a Miami, nei quarti contro Francisco Cerundolo: dopo appena 22 minuti e cinque game giocati, sul 4-1 per l’argentino, le vesciche ai piedi lo obbligarono a fermarsi.

Il primissimo ritiro ATP di Sinner arriva alla 46ª partita in carriera, nel 2020 al secondo turno di Vienna ancora contro Rublev: il match durò appena nove minuti, con l’altoatesino costretto a lasciare sul 2-1 per via delle stesse vesciche che hanno caratterizzato la fase iniziale della sua carriera. Un problema fastidioso, che è stato poi fortunatamente risolto.
In totale, sei ritiri su 378 match, mai per infortuni gravi o ricorrenti. Ogni stop è stato legato a episodi specifici: vesciche, distorsioni, acciacchi muscolari. Numeri che smentiscono l’immagine di un giocatore fragile. Ora Sinner guarda allo Us Open: la finale di Cincinnati è stata una tappa sfortunata, ma la storia dimostra che l’altoatesino sa sempre rialzarsi in fretta.
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