
Inter, anche alla Silicon Valley c’è un cuore nerazzurro Doc. È quello di Diego Piacentini, classe 1959, manager milanese che ha lavorato fianco a fianco con Steve Jobs in Apple e Jeff Bezos in Amazon, oggi punto di riferimento globale per innovazione e strategie digitali.
Chi è Diego Piacentini tifoso Inter Exor, in passato ha lavorato ad Apple e Amazon diventando di fatto anche il braccio destro di Bezos https://t.co/yhVp38KA7F Chi ama il calcio e l’onestà AMA l’INTER ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️ ⭐️⭐️ @diegopia
— ALE (@cutolotto) June 25, 2025
Da 25 anni piacentini vive a Seattle, ma il richiamo del Meazza, e soprattutto dell’Inter, non è mai venuto meno. Nel suo buen retiro di Bellevue, affacciato sul lago di Washington, tra i nidi d’aquila e il silenzio della natura, Piacentini accoglie amici e familiari con l’inno dell’Inter in sottofondo.
Maglie di ogni epoca, da Ronaldo a Barella, sparse sul divano, una dichiarazione d’amore senza data di scadenza. “L’Inter è una famiglia. È qualcosa che appartiene a me e a mia moglie Monica ancora prima di nascere, e ora anche ai nostri figli”, racconta.
Una passione che non si è mai affievolita. Per seguire l’Inter, Piacentini ha attraversato oceani e sacrificato momenti privati. Come nel 2010, per la finale di Champions a Madrid: “Stavo per rinunciare, ma è stata mia moglie a spronarmi. Alla fine ho sistemato tutto. Mio figlio, invece, ha rinunciato all’amore: ha detto alla fidanzatina che andava a vedere l’Inter. Ha perso una ragazza, ma ha guadagnato una Champions”. (continua dopo la foto)

E poi Istanbul, Monaco, semifinali viste da Seattle mentre Monica era a San Siro, così tesa da restare con i muscoli doloranti per quattro giorni. C’era anche a Glasgow per l’Europa League con Mancini in panchina. E oggi, con l’Inter impegnata nel Mondiale per club proprio a Seattle, Diego ha incontrato Marotta e i rappresentanti di Oaktree: “La squadra è in mani solide, persone preparate con idee chiare”.
Piacentini, oggi advisor di fondi e nel board di DoorDash e The Economist, ricorda anche il suo primo contatto ufficiale con l’Inter. Era il 1999, il secondo anno del Fenomeno Ronaldo. “Mi chiamò Milly Moratti: voleva passare al Mac in sede. Non sapeva che fossi interista. Non aveva finito di parlare, che ero già da lei”. Quel giorno Ronaldo arrivò a una convention Apple: “I dealer non ci credevano”.
Seattle, dice, è una città unica: “Un centro urbano vivo e una natura incantevole. Davanti a casa pesco i salmoni, sopra c’è un’aquila. E se cammini un po’… trovi pure gli orsi”.
Tra tutti i successi professionali, resta un punto fisso: “L’Inter è la mia squadra. Da sempre e per sempre. Non è solo una passione. È una parte di me”. A volte basta accendere l’inno nerazzurro per sentirsi subito a casa, anche a 9.000 km da San Siro.
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