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L’Italia è un incubo: Spalletti non all’altezza, giocatori esausti, cosa fare per uscirne

L’Italia vista a Oslo contro la Norvegia è un buco nero che inghiotte tutto: tecnici, giocatori, federazione e ora probabilmente anche i tifosi, esausti e rassegnati davanti a uno spettacolo davvero indegno. La Nazionale è svuotata, nel fisico e nello spirito. Un’ombra di squadra, impotente, senza idee né reazione.

La sconfitta pesante in trasferta ha lasciato un segno profondo e ha spalancato le porte a una crisi senza precedenti. Il girone di qualificazione al Mondiale 2026 sembra già compromesso. E se anche si riuscisse ad agguantare il secondo posto, ci attende un nuovo supplizio ai playoff, sempre che si riesca a entrare tra le migliori seconde. (continua dopo la foto)

Luciano Spalletti, colpito da una sequela di infortuni e da un’inspiegabile apatia generale, appare sfiancato, privo di soluzioni, inadeguato al ruolo di commissario tecnico. Il possesso sterile e lento, l’assenza totale di profondità, i cambi letti male o mai letti: tutto racconta di un ct incartato in una posizione che sembra non appartenergli.

Ma se si risale la catena delle responsabilità, si arriva al vertice federale. Gabriele Gravina, dopo il trionfo di Euro 2021 (deciso ai rigori, non dimentichiamolo), ha mancato il Mondiale 2022 e rischia ora un disastroso bis. I suoi predecessori, Abete e Tavecchio, si dimisero dopo mancate qualificazioni: Gravina farà lo stesso?

Il tracollo tecnico e mentale dell’Italia è stato evidente in ogni zona del campo. La differenza di qualità con la Norvegia è sembrata abissale. Il duello tra il funambolico Antonio Nusa, talento ventenne del Lipsia, e il nostro generoso ma impacciato Destiny Udogie è stato imbarazzante per differenza. Non è colpa del singolo, ma della formazione tecnica che crolla sotto i colpi della modernità. (continua dopo la foto)

Produciamo atleti fotocopia, senza più il gusto del dribbling, della fantasia, del gesto tecnico. Ed è tempo di parlare chiaro: va rifondato tutto, dal Settore Tecnico di Coverciano in giù. Abbiamo perso la capacità di insegnare il calcio, non alleniamo più il piede ma solo l’ordine tattico.

Manca l’alfabeto del gioco, manca la s di stop, la d di dribbling, la t di tiro. Non basta più la p di passaggio. Prima dell’estetica, serve la sostanza. Ma ora non c’è più tempo per la filosofia: c’è un Mondiale da non perdere. Ma sarà durissima arrivarci.

La priorità ora è fermare l’emorragia. Servono scelte coraggiose, cambi di guida, uomini nuovi. Altrimenti, a novembre, saremo ancora una volta a piangere davanti al televisore, spettatori dell’ennesima apocalisse azzurra. E ci sono ragazzi che rischiano di diventare adulti senza aver mai visto una partita della Nazionale ai Mondiali.

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