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NBA, c’è la prima finalista! Aria di novità nel basket americano

C’è un profumo di rivoluzione nell’aria dell’NBA. I veterani si guardano le spalle, perché i giovani stanno bussando con forza alle soglie del trono. Oklahoma City è la nuova frontiera: energia, talento, fame. E ora anche una fantastica Finale NBA da giocare. Dopo 13 anni di attesa, i Thunder sono alle soglie della storia. E ci sono arrivati a modo loro: veloci, affamati, letali.

Oklahoma City Thunder – Minnesota Timberwolves 124-94 (serie 4-1)

Il verdetto è senza appello. Gara-5 porta con sé una sentenza brutale e definitiva. I Thunder stritolano i Timberwolves 124-94 davanti a un Paycom Center in delirio, chiudono la serie sul 4-1 e si guadagnano il biglietto per le Finals NBA. Un trionfo totale, figlio di un basket pulito, feroce e moderno.

Shai Gilgeous-Alexander fa il vuoto, ancora una volta. 34 punti, MVP della serie e del cuore dei tifosi, attacca il ferro con l’eleganza di un artista e la ferocia di un predatore. Nessuno riesce a contenerlo. A dargli man forte, come sempre, Jalen Williams e Chet Holmgren, i giovani alleati di un gruppo che emula – e forse supera – quello che nel 2012 portò OKC alle Finals con Durant, Westbrook e Harden. (continua dopo la foto)

La differenza si vede da subito: 11-3 Thunder al primo timeout, 26-9 dopo il primo quarto. I Wolves sbagliano 17 dei primi 20 tiri. Un incubo. Gilgeous-Alexander segna più punti da solo (12) di tutta Minnesota messa insieme nel primo periodo. Oklahoma City è un tornado: difesa aggressiva, 21 palle perse forzate, e un’intensità da corsa al titolo.

A metà partita il punteggio recita 65-32 Thunder: più che un match, è una carneficina. I Thunder tirano col 50%, mentre i Wolves hanno più palle perse (14) che canestri dal campo (12). Il terzo quarto è solo accademia: 88-62. Il quarto è garbage time: +30, +37, fine. Ai Lupi non resta che andare in letargo. (continua dopo la foto)

Per i Timberwolves è una sconfitta che brucia più dell’asfalto a luglio. Anthony Edwards si conferma talentuoso ma immaturo, Julius Randle è un rebus senza soluzione, Rudy Gobert un peso finanziario e tattico. Mike Conley, 37 anni, è l’unico con la testa che funziona sempre, e non basta. L’impressione? Serve una rivoluzione, e anche in fretta.

I Thunder, invece, non sono più una sorpresa. Sono una macchina da guerra. Affronteranno la vincente tra Pacers e Knicks – Indiana è avanti 3-1 -, ma chiunque arrivi, Oklahoma City partirà da favorita. È giovane, rabbiosa, brillante. E ha il vento della Storia alle spalle. La squadra che non riuscì nell’impresa nel 2012, potrebbe riuscirci ora. E vista la stagione e i risultati ottenuti, sarebbe anche giusto.

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