
Serie A, Arbitri e Var nella bufera. Non è la prima volta, ma le polemiche sono divampate in modo clamoroso. Dopo la denuncia del noto giornalista e moviolista Maurizio Pistocchi, che ha alzato un velo su alcune pecche del sistema e sulla misteriosa sparizione di alcuni audio Var (con riferimento soprattutto a quello di Inter-Roma), ora è una lettera di un direttore di gara a sollevare un polverone.
Arbitri, scoppia la bomba? L'assistente Rocca: "CAN ammise errore su Inter-Roma. Rocchi bussò sul vetro della Sala Var in Udinese-Parma. Perché Gervasoni…"https://t.co/ymsBEe9phZ
— Fcinter1908 (@fcin1908it) May 22, 2025
Il fatto di non aver permesso al pubblico di ascoltare alcuni audio risulta particolarmente grave, perché non si tratta di un errore di campo, e quelli ci saranno sempre perché la perfezione non esiste, ma di una scelta voluta. Cosa grave anche perché, in un mondo già percorso da troppi veleni e in preda al “delirio complottista” di alcuni siti social, dà adito a dubbi e a illazioni delle quali si vorrebbe fare a meno.
Domenico Rocca non è un nome qualsiasi nel mondo arbitrale. È uno che da anni dirige partite sui campi di Serie A e B. Ora però ha deciso di scoperchiare quello che, secondo lui, è un vaso di Pandora. La sua è una lettera drammatica, spedita alla Commissione Arbitrale Nazionale e resa pubblica anche su arbitri.com. Uno sfogo, ovviamente di parte, che fa riferimento a fatti ben precisi sui quali a questo punto sarebbe interessante saperne di più. (continua dopo la foto)

Una bomba a orologeria fatta deflagrare a pochi giorni dalla fine del campionato, mentre ancora si dibatte su rigori dati o negati, su VAR attivi o dormienti, su campionati vinti o buttati per un mancato colpo di nocche sul vetro della sala a Lissone.
Uno dei passaggi più clamorosi? La differenza di comportamento tra due “supervisori”. Rocca racconta di quando Gianluca Rocchi, il designatore in persona, in occasione di Udinese–Parma bussò sulla parete di vetro della sala VAR per richiamare l’attenzione dei colleghi su un rigore non visto. Risultato? On-field-review, penalty assegnato, giustizia fatta.
Poi però c’è Inter–Roma. Altro match, altra storia. Stavolta c’è Gervasoni nei panni del controllore, ma quando accade l’ormai celebre episodio Ndicka–Bisseck – un rigore solare per l’Inter, poi ammesso come errore anche al raduno degli arbitri – il supervisore resta muto. Nessuno bussa. Nessuno richiama. Il Var dorme. L’errore rimane. E l’Inter, forse, perde uno scudetto.
La circostanza che aumenta l’arrabbiatura della società nerazzurra è che addetto al Var era Marco Di Bello, della sezione di Brindisi: lo stesso che in Inter-Lazio ha richiamato alla Ofr l’arbitro Nicchi sul fallo di mano di Bisseck che ha causato il (giusto) rigore del pareggio laziale proprio allo scadere. Perché questa disparità di comportamento? Se lo chiede anche Rocca.
serie A, arbitri e Var: la denuncia di Rocca
“Perché in una partita si interviene e nell’altra no?”, scrive l’arbitro. “È un errore che molto probabilmente determinerà la perdita del campionato della società Inter a favore della società Napoli”. Viene in mente anche un altro episodio: una gomitata di un giocatore del Bologna a Gabbia nella finale di Coppa Italia è passata impunita, una identica in Roma-Milan ha portato all’espulsione del rossonero Gimenez. In entrambi i casi al Var c’era Mazzoleni. Per questo si tratta di casi limite che fanno discutere: perché la stessa persona ha adottato criteri differenti.
Ma non finisce qui. Rocca accusa l’intero sistema di valutazione degli assistenti e degli arbitri. Racconta che i criteri per restare in categoria sono stati cambiati in corsa, reinserendo limiti di età e riducendo il numero delle gare disponibili. Così facendo, secondo lui alcuni assistenti sono “fatti fuori” a tavolino, mentre altri restano a galla nonostante valutazioni inferiori. “Sono stato designato per 14 partite: 13 in Serie B e una sola in A, senza alcuna logica né in base alle valutazioni ricevute”, denuncia Rocca.
Ci sono altre voci affrontate in questa lettera. Naturalmente si tratta di una denuncia “di parte”, che non può essere presa per buona senza le opportune verifiche e magari in alcuni punti è esagerata. Ma quando richiama episodi specifici, a volte sembra difficile da smentire. La media dei voti? Truccata, secondo Rocca. Il numero di partite? Sbilanciato. Le carriere? Manovrate da una mano invisibile, con criteri non chiari. (continua dopo la foto)

C’è un paradosso: la tecnologia doveva ridurre gli errori, e in effetti lo ha fatto e anche in modo significativo. mMa ora finisce per alimentare sospetti e diffidenza non in se stessa, ma per il modo in cui viene gestita. Il Var – strumento oggettivo e imparziale – viene dipinto da Rocca come una cabina manipolabile, con gente che bussa per “suggerire” cosa rivedere e gente che invece tace.
Così, però si alimentano sospetti che basterebbe poco a cancellare. Non bastavano i dubbi su sparizioni misteriose di audio, rigori assegnati e poi revocati, mancanza di uniformità su episodi molto simili: ora arriva anche la denuncia interna, la voce di chi stava dentro il meccanismo e oggi ne sottolinea le magagne.
Il finale è amarissimo. Rocca cita il compianto Stefano Farina, suo maestro: “Fidati dell’organo tecnico”, gli diceva. Ma oggi, scrive Rocca, “non siete più voi quelli di allora”. Che abbia ragione del tutto o solo in parte, o affatto, il fischietto ribelle ha lanciato un sasso nello stagno. E allora cosa succederà adesso? L’AIA farà finta di niente? La FIGC approfondirà la situazione? Una cosa è certa: dopo questa lettera, la discussione non si placherà.
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