
Simone Vagnozzi, coach di Jannik Sinner, ha parlato in un’intervista esclusiva a Sky Sport, regalando uno spaccato intenso e sincero sul rientro del numero 1 del mondo al torneo di Roma, dopo un’assenza lunga e forzata causa della squalifica patteggiata con la Wada. Un ritorno che sa di festa, certo, ma rappresenta anche una sfida inedita.
Vagnozzi 🎙️
— Giovanni Pelazzo (@giovannipelazzo) May 8, 2025
"Non c'era posto più bello di Roma per ricominciare: si torna finalmente a parlare solo di tennis, che è quello che ci interessa. È stato bellissimo tornare sul Centrale, con tanto pubblico: Jannik era sorridente, felice, nel suo posto ideale.
Per un tennista,… pic.twitter.com/Hbg434wu57
Per Vagnozzi, il Foro Italico è il palcoscenico ideale per riprendere: “Non c’era posto più bello per ricominciare, si torna finalmente a parlare solo di tennis, che è quello che ci interessa. Jannik era sorridente, felice, nel suo posto ideale”.
E il suo posto ideale è ovunque ci sia competizione. Perché, dice il suo allenatore, “Jannik è un animale da competizione. Quando non può competere si sente vuoto. Ora invece può tornare a fare quello che gli piace davvero”.

Qualcuno ha detto che il lungo stop è stato un’opportunità preziosa per lavorare sui dettagli. Vagnozzi, però, frena: “Non sono d’accordo. Se fosse stato un lusso, l’avrebbero fatto tutti. Nessuno che non sia infortunato salta da gennaio a maggio”.
Ma non si piange sul latte versato. Il team ha lavorato sodo, migliorando il servizio, le variazioni, e puntando su ciò che sulla terra conta davvero: “Abbiamo cercato di trasformare una situazione negativa in un’opportunità. Dopo un 2024 così intenso, un po’ di stacco non ha fatto male”.
Per Vagnozzi, il punto critico non è tanto la forma fisica, quanto il ritrovare l’abitudine alla battaglia: “Saranno fondamentali le prime due partite. Ritrovare gli automatismi, accettare l’errore, il rimbalzo sporco sulla terra, sporcarsi, sudare. Serve tempo per ritrovare il ritmo”. Eppure, uno come Sinner non ha bisogno di mesi: “Per lui, tre mesi o trenta minuti non fanno tutta questa differenza”.
L’assenza di Jannik ha lasciato un vuoto che nessuno ha saputo colmare. alla domanda se è stupito dal rendimento ondivago degli avversari, Vagnozzi risponde con spirito. “Diciamo che non mi sono dispiaciuto… Il livello si è alzato, ma il tennis è spietato: se non sei al top fisicamente e mentalmente, perdi”. Sinner, invece, ha costruito il suo trono sulla costanza: “Ha avuto una continuità impressionante. Nel tennis moderno è questa la chiave”.

Ex giocatore, oggi allenatore, Vagnozzi racconta con sincerità il lato meno patinato del suo lavoro: “È la mia passione. Ma stai lontano da casa, dalla famiglia. Pesa. Però aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo è la mia forza”. E con Jannik, l’intesa è totale: “Lui vive per il tennis. Ogni giorno si alza e pensa a come migliorare. È esigente, ma io sono come lui. Guardiamo entrambi sempre al dettaglio”.
Alla domanda su cosa il pubblico non sa di Sinner, Vagnozzi sorride: “È competitivo in tutto, dalle carte ai go-kart. Se gli fai punto, ti guarda rosicando”. E poi svela un sogno inedito: “Vorrebbe fare il pilota di Formula 1. Ne è malato. Magari, finita la carriera nel tennis, ci proverà…”.
Lo spirito giusto: non mollare mai. E qui sta il segreto del campione: “Ha un Dna da eccellenza. Nei momenti difficili del match, sullo 0-40, lui vede sempre il lato positivo. E questa qualità fa la differenza”. Sinner è tornato. E noi con lui, finalmente.
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