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Var, così cambia tutto: tra angoli e doppi gialli la nuova sfida di Rocchi

La rivoluzione è già partita. E stavolta il Var non si limita a piccoli ritocchi: cambia filosofia, cambia ritmo, cambia persino la grammatica del controllo arbitrale. La spinta arriva dalla Fifa, ma anche dalla consapevolezza, maturata ormai ovunque, che certe regole sono rimaste ferme al 2017 mentre il calcio corre molto più veloce.

Con i Mondiali di Usa, Canada e Messico alle porte, qualcosa va aggiornato subito.
Perfino Pierluigi Collina, durante il briefing di Washington, ha ammesso che il vecchio concetto di chiaro ed evidente errore non ha più senso: con le immagini attuali è tutto chiaro ed evidente, nel bene e nel male.

E non si parla solo dei rigori o dei fuorigioco. Ci sono situazioni che oggi pesano quanto un penalty: un calcio d’angolo nato male, un secondo giallo mostrato senza reale certezza, una simulazione che cambia l’inerzia della gara.

Su questo fronte Gianluca Rocchi, in una lectio a porte chiuse, è stato netto: “Peggio una simulazione di un rigore non visto”. E la linea è condivisa anche dalla Fifa. In Coppa d’Arabia, infatti, si sta già testando una nuova regola: chi riceve cure mediche in campo resta fuori per due minuti effettivi. L’ironia che circolava all’IBC di Lissone rende bene l’idea: Scommettiamo che non esce più nessuno?”.

La direzione è chiara: meno perdite di tempo, più trasparenza, più controllo. Tra le novità allo studio, il Var che controllerà anche i calci d’angolo prima della battuta, perché un corner sbagliato può valere un gol. Collina è stato esplicito: I difensori centrali che salgono per un angolo impiegano un tempo sufficiente per il Var per controllare se sia angolo o no”.

Nel mirino anche il secondo cartellino giallo, quello che decide la partita tanto quanto un rigore concesso o tolto. Se l’inferiorità numerica può cambiare un match, allora meglio che la decisione sia esatta: un check rapido potrebbe evitare errori pesanti.

Var, la “piccola rivoluzione”

C’è poi il tema più delicato: la qualità di chi sta davanti ai monitor. Rocchi non lo dice apertamente, ma il punto dolente in Italia è proprio questo. Dei 25 VMO attuali, soltanto Mazzoleni ha esperienza internazionale. Molti altri in A hanno diretto pochissimo. Ed è qui che nasce l’idea, ancora soltanto sussurrata, di tornare all’origine: rimettere al Var gli arbitri più forti, quelli che non dirigono in campo la domenica.

Quando il Var nacque, al monitor si alternavano Rizzoli, Rocchi, Irrati. Non a caso proprio Irrati è poi diventato uno dei migliori al mondo, tanto da essere scelto dalla Fifa come coach globale. L’obiettivo è semplice: riportare sensibilità arbitrale nei momenti più intricati, evitando atteggiamenti troppo scolastici o, al contrario, qualche protagonismo di troppo. La sfida è lanciata. E questa volta il Var potrebbe essere lo strumento per favorire davvero un nuovo modo di arbitrare.

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