x

x

Vai al contenuto

Tanti auguri, Torino. Vittorie, tragedie, riscosse: il cuore granata batte con passione da 113 anni

torino 113 anni

Tanti auguri, Torino! Sono passati 113 anni dalla fondazione del club granata, avvenuta il 3 dicembre 1906 dalla fusione tra il Football Club Torino e un gruppo di dissidenti della Juventus, guidati dallo svizzero Alfredo Dick (ex presidente bianconero, poi fondatore dei granata). In questi 113 anni, il Toro ha vinto 7 scudetti, 5 Coppe Italia e una Mitropa Cup. Meno di quanto si potesse pensare negli anni Quaranta, quelli del Grande Torino, schiantatosi il 4 maggio 1949 su Superga, rientrando da una trasferta in Portogallo. La società attuale è invece rinata nel 2005, dopo il fallimento dell’era Cimminelli-Romero. Grazie all’arrivo di Urbano Cairo, quei tempi sono lontani: negli ultimi anni il club ha centrato la qualificazione in Europa ed è tornato a regalare giocatori alla Nazionale. Su tutti, il centravanti Andrea Belotti.

I primi successi

Il primo incontro ufficiale avviene dopo quasi due settimane di vita, il 16 dicembre 1906, vinto 1-3 a Vercelli. Il primo scudetto arriva invece nella stagione 1927-28, conquistato soprattutto grazie al cosiddetto Trio delle meraviglie: Libonatti, Baloncieri e Rossetti, punti di forza della squadra presieduta dal conte Enrico Marone Cinzano (colui che fece costruire le prime tribune del ‘Filadelfia’, oggi ricostruito e simbolo d’orgoglio granata).

Il Grande Torino

Dopo l’addio di Cinzano alla presidenza, la squadra si ridimensiona fino al Dopoguerra. Dal 1943 al 1949, infatti, irrompe sulla scena il Grande Torino, capace di vincere cinque scudetti di fila e di centrare, per la prima volta in Italia, il double nella stessa stagione (1943): campionato e Coppa Italia. Inoltre è la spina dorsale della Nazionale, in cui sono presenti ben 10 giocatori contemporaneamente.

La formazione tipo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. Il numero 10, Valentino Mazzola, è capitano e leader indiscusso. Simbolo della ‘carica’, del famoso ‘quarto d’ora granata’.

“Solo il fato li vinse”

“Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta”. Con queste parole Indro Montanelli, giornalista del Corriere della Sera, il 7 maggio 1949, tre giorni dopo la tragedia di Superga. Della squadra, al rientro da un’amichevole col Benfica giocata a Lisbona, non si salva nessuno. Lo schianto contro il muraglione posteriore della basilica si porta via anche i dirigenti Agnisetta e Civalleri, i tecnici Erbstein e Lievesley, il massaggiatore Cortina, tre giornalisti al seguito: Cavallero della Stampa, Tosatti della Gazzetta del Popolo e Casalbore di Tuttosport.

La B, Gigi Meroni e la rinascita

Superga è l’inizio di un inevitabile declino. Il club retrocede per la prima volta in B nel 1959, risalendo immediatamente. Nel 1963 inizia l’era Pianelli, il presidente che si ritrova tra le mani un’autentica pepita: Gigi Meroni. Il destino, però, non lascia in pace il Toro: la ‘farfalla granata’ smette di volare in una dannata notte di pioggia, il 15 ottobre 1967, investito in corso Re Umberto da Attilio Romero, che diventerà il presidente pre-fallimento qualche decennio dopo.

Nonostante l’ennesima tragedia, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta arrivano due Coppe Italia. Per lo scudetto si deve attendere la stagione 1975-76. La squadra di Gigi Radice, trascinata dai gemelli del gol Pulici e Graziani, vince con due punti di vantaggio sulla Juventus di Carlo Parola, 27 anni dopo la tragedia di Superga. Sempre nel 1976 un altro dramma: l’8 novembre una malattia sconfigge Ferrini, il capitano combattente.

Mondonico, l’Europa e la sedia al cielo

Gli anni Ottanta sono quelli di Leo Junior, del secondo posto dietro alla favola Verona di Bagnoli, ma anche della seconda retrocessione, quella arrivata al culmine della stagione 1988-89. Come nel 1959, il purgatorio dura solo un anno. La squadra risale in Serie A e, sotto la guida di Emiliano Mondonico, si qualifica alla Coppa Uefa, finendo davanti alla Juventus.

La stagione 1991-92, in Europa, è incredibile: i granata superano il Real Madrid in semifinale, ma si arrendono nella finalissima con l’Ajax dopo il doppio pareggio. Fatale la regola dei gol in trasferta. Dopo il 2-2 al ‘Delle Alpi’, infatti, ad Amsterdam serve vincere, ma legni e torti arbitrali si mettono sulla strada del Mondo. È un rigore non dato per un fallo di De Boer su Cravero scatena l’originale protesta: il tecnico alza in aria una sedia a bordocampo. “Alzai la sedia per dire ‘cavolo, come fa uno a cadere davanti al portiere se non è falciato e non è rigore?’”. Finisce 0-0, questo secondo posto resta il miglior risultato in Europa nella storia del club.

Anni bui prima del fallimento

Il Torino ha un ultimo sussulto nel 1992-93, quando conquista l’ennesima Coppa Italia. Da lì, però, inizia un nuovo periodo di declino. Nel 1995 un’altra retrocessione, quindi il ritorno in Serie A nel 1998-99 (dopo lo spareggio perso nella stagione precedente ai rigori, contro il Perugia), che però dura poco. Il Toro retrocede alla fine del campionato 1999-2000, per ritornare in A l’anno successivo. Nel 2001-2002 centrano l’undicesimo posto, quindi la qualificazione all’Intertoto (perdendo in finale contro il Villarreal di Martin Palermo). Nel 2002-03 però tutti i buoni propositi vengono disattesi e arriva un’altra retrocessione.

La squadra, allenata da Zaccarelli, ritrova la promozione in Serie A nella stagione 2004-05, ma per problemi finanziari non arriva l’iscrizione, a causa del fallimento della gestione Cimminelli-Romero. La Figc accetta il ricorso e consente al Toro di ripartire dalla Serie B.

L’era Cairo: da Ventura e Bilbao a oggi

Il 19 agosto 2005, al bar Norman, si annuncia il nuovo presidente, l’editore Urbano Cairo. Cambia la denominazione (si passa a Torino Football Club), che porta subito bene: la squadra ritrova la Serie A attraverso i play-off, battendo in finale il Mantova.

Dopo tre stagioni si retrocede nuovamente, ma con l’arrivo di Gianluca Petrachi come direttore sportivo si inizia a preparare l’era Ventura. Il tecnico ligure sale in sella il 6 giugno 2011 e centra subito la promozione diretta. Si salva nella stagione 2012-13, centrando poi il settimo posto in quella successiva, tornando così in Europa, trascinato dai gol di Cerci e Immobile.

In Europa League il Toro gioca anche l’anno successivo, spingendosi fino agli ottavi di finale. Ai sedicesimi, la partita simbolo: il successo per 2-3 sul campo dell’Athletic Bilbao, dove nessuna squadra italiana era riuscita a vincere nella storia. Oltre all’impresa in terra basca, quella stagione viene ricordata non tanto per il nono posto finale, quando per il ritorno al successo in un derby contro la Juventus, dopo 20 anni. Il 26 aprile 2015, infatti, Darmian e Quagliarella ribaltano l’iniziale vantaggio firmato da Pirlo.

L’anno dopo Ventura lascia il Torino per guidare la Nazionale. Al suo posto arriva Mihajlovic: con lui, Andrea Belotti esplode, segnando 26 reti. Il serbo dice addio alla panchina granata al termine del girone di andata della stagione 2017-18, sostituito da Mazzarri, tuttora in sella. Con l’ex allenatore della Reggina, i granata ritrovano l’Europa League al termine del campionato 2018-19 (settimo posto), perdendo però lo spareggio con il Wolverhampton.