
Sinner, Paolini, Musetti: tre storie diverse, una sola sintesi. Il tennis italiano ha aspettato più di 40 anni, nel caso dei maschietti, per poi esplodere in un fuoco di artificio di potenza, caparbietà e talento. Fra le donne è andata meglio, tutti ricordiamo i trionfi di Francesca Schiavone a Parigi e di Flavia Pennetta agli US Open. Ma proprio quando il movimento sembrava in declino, è spuntata una piccola grande campionessa: Jasmine, maturata tardi ma con il botto.
Paolini in finale
— ɢᴀᴍᴇʙʀᴇᴅ𝑆𝑝𝑜𝑟𝑡𝑠 ☆☆ (@gamebred_sports) May 15, 2025
Sinner e Musetti in semifinale
Errani/Paolini in semifinale
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Insomma, nel tennis italiano non c’è mai stata tanta abbondanza di talento tutta insieme. Per decenni si è vissuto di nostalgie sbiadite su Pietrangeli e Panatta, e di qualche exploit improvviso come fu il 1000 vinto da Fognini a Montecarlo: l’unico conquistato da un italiano nell’era Open. Almeno sino a che un ragazzo dai capelli rossi è atterrato da un altro pianeta e ha sconvolto il mondo intero, portando a casa 3 Slam (sinora) – quando l’unico nostro ricordo era il Roland Garros del 1976 vinto da Panatta – e 4 tornei Master 1000.
Alle sue spalle sta arrivando uno dei tennisti più talentuosi mai apparsi in Italia: Lorenzo Musetti. Due dei nostri in Top 10, il primo posto nel ranking di Sinner, il gioco meraviglioso di Lorenzo. Da stropicciarsi gli occhi. E fra le donne, una ragazza sempre sorridente, che recupera con la tecnica e la grinta il gap di centimetri dalle altre top player. Jasmine è una potenza, sbocciata intorno ai 27 anni e capace di giocare due finali Slam consecutive a Parigi e a Wimbledon. (continua dopo la foto)

Sotto il cielo del Foro Italico brilla un trio delle meraviglie che sta stravolgendo ogni gerarchia e scrivendo una nuova epica azzurra. Jannik, Lorenzo, Jasmine. Tre storie diverse, tre stili ben distinti ma la stessa fame. Non si rubano la scena: la condividono. E smentiscono, con il loro cammino, la vecchia teoria che la torta fosse una sola, e che a ogni fetta conquistata da uno, agli altri restasse solo qualche briciola. A questa tavola c’è posto per tutti.
Jannik è un misto di talento, timing impressionante sulla palla, potenza, dedizione, mentalità vincente. Una macchina da tennis oggi al numero uno al mondo, il ragazzo che gioca come fosse uscito da un laboratorio ma poi fa impazzire tutti con i suoi vincenti: precisione chirurgica, nervi d’acciaio, talento celestiale.
Sinner ha demolito il suo amico Casper Ruud, numero 7 al mondo, in modo impressionante: un 6-0 6-1 in 63 minuti che ha ammutolito persino il tifo da stadio del Foro Italico. Il norvegese, reduce dal titolo a Madrid, sembrava un fuscello nella tempesta. E il pubblico ha finito per sostenerlo, perché è un ragazzo d’oro e perché la differenza in campo era tale che nessuno voleva infierire. E parliamo di un top ten capace di giocare finali Slam.
Sinner, Paolini, Musetti: il trio delle meraviglie
Sinner adesso punta dritto verso la finale, con Tommy Paul come ultimo ostacolo. E intanto ride sotto i baffi (che non ha) quando rievoca l’uso regale del “noi” parlando del torneo: “Adesso ci siamo“. Maiestatico e misurato, capace di una grazia e di una modestia che conquista tutti.
Lorenzo Musetti è il bello del gruppo. Non solo perché stilisticamente fa innamorare come un quadro fiammingo, ma perché il suo tennis è puro lirismo applicato allo sport. Gioca il rovescio a una mano, e fa parte di un numero ristrettissimo di giocatori da preservare come i Panda. Ma nessuno lo gioca bene come lui.
Dopo aver sconfitto Zverev, il campione uscente, è arrivato al numero 8 del mondo, e non ha intenzione di fermarsi. Domani sfiderà Carlos Alcaraz. Un incontro da brividi per provare a regalare a Roma un inedito assoluto: la finale fra due italiani. Sarebbe una conclusione degna di un romanzo.
E poi c’è lei. Jasmine Paolini, che continua a fare ciò che in pochi credevano possibile: forza, perseveranza, tecnica e uno stile tutto suo, meno appariscente, ma straordinariamente efficace. In semifinale ha rimontato Peyton Stearns, ragazza americana che ha eliminato mezza nobiltà del circuito: Keys, Osaka, Svitolina, Kalinskaya. Eppure, Jasmine ha resistito, ha letto la partita, l’ha capita e poi l’ha rovesciata. (continua dopo la foto)

Come a Parigi, come a Wimbledon, Jasmine può apparire in difficoltà per poi ribaltare le sorti con colpi intelligenti, variazioni, e da qualche tempo un supporto a bordo campo – quello della compagna di doppio Sara Errani – che può fare la differenza. E per non farsi mancare niente, Errani-Paolini sono in semifinale anche in doppio. Dopo la vittoria alle Olimpiadi, dopo gli Slam.
Il tennis italiano non è più un racconto nostalgico dei tempi del grande Nicola Pietrangeli, o di quella volta che Panatta batté Borg. Quello che stiamo vivendo è un cambiamento di paradigma. Non c’è più un solo nome da coccolare e proteggere come fragile cristallo. Ce ne sono tre, e forse anche di più in arrivo, che convivono e si alimentano l’un l’altro.
Sinner accende i riflettori. Musetti li usa come tela. Paolini li trasforma in energia silenziosa. E intanto, mentre i giornalisti prendono appunti e i tifosi si godono l’abbondanza, c’è una torta che cresce a vista d’occhio. Con fette per tutti. E senza sensi di colpa.
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