Il ricordo di Nicola Pietrangeli attraversa il mondo del tennis e arriva fino a Brisbane, dove Ken Rosewall ha ricevuto la notizia della sua morte con un lungo silenzio affranto. Il campione australiano lo ha definito “sempre un buon amico”, sottolineando un rapporto costruito negli anni delle grandi sfide tra l’Italia e gli Aussie, dominatori dell’epoca dei gesti bianchi.
Ci mancherai sempre Nicola: sei stato un esempio per tutto il tennis italiano ❤️
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) December 2, 2025
Volandri ha anche aggiunto: “Poco più di una settimana fa siamo riusciti a vincerla in casa. Probabilmente l’ha voluta aspettare prima di lasciarci… Mi piace pensarla così. " 🇮🇹#Pietrangeli pic.twitter.com/P5b66VzBfJ
Rosewall rievoca subito la sfida del 1955 a Filadelfia: Italia contro Australia per decidere la sfidante degli Stati Uniti nella finale di Coppa Davis. “Vinsi io, ma fu un match molto combattuto, poteva vincerlo anche Nicola”, racconta l’australiano. Quel successo lo avrebbe poi portato a conquistare il trofeo con un percorso immacolato.
L’anno successivo i due si ritrovarono a Wimbledon nella finale del doppio: Pietrangeli insieme a Sirola, Rosewall con Hoad, i “Gemelli Stregoni”. Anche lì la vittoria fu australiana, in anni in cui l’Australia collezionò quindici Davis tra il 1950 e il 1967, lasciando appena le briciole ai rivali americani ed europei. (continua dopo la foto)

Pietrangeli tentò senza successo di scalfire quel dominio con la squadra azzurra, raggiungendo le finali del 1960 e del 1961 a Sydney e Melbourne, perse 4-1 e 5-0. Soltanto nel 1976, da capitano, avrebbe coronato il sogno che da giocatore gli era sfuggito.
Con il professionismo del 1957, Rosewall entrò nel circuito di Jack Kramer e le strade si separarono. Nel 1960 anche Pietrangeli ricevette una proposta da 60mila dollari per tre anni, ma la prospettiva delle Olimpiadi di Roma lo spinse a restare nel tennis “amateur”. La loro sfida tornò con l’era Open del 1968, quando però l’italiano aveva già dato il meglio.
Rosewall, parlando del rivale-amico, disse una frase rimasta celebre: se fossero stati confinati su un’isola senza campi per sei mesi, al ritorno Pietrangeli li avrebbe battuti tutti. Oggi aggiunge un altro elogio: “Beautiful game”, per ricordare un tennis fatto di tecnica, fantasia e grande senso tattico in ogni zona del campo.
L’azzurro, del resto, aveva mosso i primi passi nel tennis proprio osservando gli australiani, affascinato da Rosewall e Hoad quando la televisione non trasmetteva i tornei e l’ammirazione nasceva direttamente dal confronto.
Pietrangeli, insieme allo spagnolo Manolo Santana, fu l’unico europeo dell’epoca in grado di rivaleggiare con la scuola australiana. Nel 1960, dopo il bis al Roland Garros, incantò anche a Wimbledon: in semifinale tenne testa a Rod Laver fino al 4 pari del quinto set, cedendo alla fine di un’epica battaglia per 4-6 6-3 8-10 6-2 6-4. (continua dopo la foto)

L’anno successivo si prese la rivincita agli Internazionali d’Italia, disputati a Torino: dopo aver perso il primo set, lasciò a Laver appena quattro game nei successivi tre, neutralizzandone il gioco con palle profonde e drop-shot.
Il suo tennis si esaltò anche in doppio: da una parte lui e Sirola, il miglior duo italiano di sempre; dall’altra Emerson e Fraser. Nel 1959 firmò la doppietta al Roland Garros battendo gli australiani in singolare e in coppia con Orlando. Nel 1960 i quattro si sfidarono di nuovo al Foro Italico: sul 6-3 5-7 6-2 11-11 il match fu sospeso e non venne mai più ripreso.
L’eredità che ci ha lasciato Pietrangeli è quella di una carriera in cui ha combattuto tante battaglie, sempre nel segno del rispetto, e che ora rimane impressa nelle parole di chi lo ha affrontato e considerato un amico, in Italia e all’estero.