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MotoGP, Pirro smonta il caso Ducati: “Tra la moto di Marquez e quella di Bagnaia cambia solo il 5%”

Dubbi, sospetti, dietrologie. La stagione MotoGP della Ducati ha prodotto risultati ma anche un rumore di fondo costante, soprattutto attorno al dualismo Bagnaia–Marquez. Presunte moto diverse, sviluppo orientato verso lo spagnolo, GP24 e GP25 raccontate come mondi lontani. A rimettere ordine ci pensa Michele Pirro, collaudatore Ducati, che nell’intervista a Fanpage.it parla chiaro e senza slogan.

Il primo punto riguarda le moto. Pirro è netto: tra GP24 e GP25 non c’è una rivoluzione tecnica.
La base è praticamente la stessa, con alcuni elementi opzionali che i piloti possono scegliere se utilizzare o meno. Il concetto chiave è uno: la struttura della Desmosedici non cambia. (continua dopo la foto)

Il dato che chiarisce tutto è quello percentuale: tra la moto di Marc Marquez e quella di Pecco Bagnaia cambia appena il 5%. Il restante 95% è identico. Nessuna Ducati “su misura” per un solo pilota, nessun progetto deviato.

Il tema del feeling sull’anteriore, diventato centrale nel racconto del 2025 di Bagnaia, viene ridimensionato. Pirro spiega che la sensibilità davanti è estremamente soggettiva e che, con una concorrenza più vicina, certi limiti emergono più facilmente.

La Ducati, però, continua a vincere quasi tutto. Il problema, semmai, è individuale. Anche ai campioni può capitare una stagione in cui non si riesce a ottimizzare il lavoro, in cui la fiducia non torna subito. Succede. Fa parte delle carriere, non di un progetto sbagliato.

L’arrivo di Marquez non ha cambiato il metodo di lavoro nel box. Pirro lo dice senza giri di parole: Ducati vinceva prima e continua a farlo ora. Non è la Desmosedici ad aver avuto bisogno di Marquez, ma il contrario. (continua dopo la foto)

Con due pluricampioni nel team ufficiale, lo sviluppo resta condiviso. La moto nasce per funzionare con più stili e i risultati degli ultimi anni, con piloti diversi al vertice, lo dimostrano. Il lavoro tra pista e ufficio tecnico, con Dall’Igna e Tardozzi, si basa su un linguaggio comune costruito in anni di fiducia.

Il quadro che emerge è limpido: niente complotti, niente moto segrete. Solo una Ducati ancora riferimento tecnico, un pilota che ha vissuto una stagione difficile e un altro che ha saputo sfruttare al massimo quello che aveva. Il resto è rumore.

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