Juventus, un crudo e drammatico racconto, una testimonianza di come una dipendenza possa rovinare la vita anche a ragazzi che tutti reputano fortunati e che nessuno assocerebbe a certe profonde sofferenze. Ma anche un insegnamento che può servire a tutti coloro che, senza avere le risorse a disposizione di un calciatore, sono invischiati nella stessa rete.
Disponibile da oggi su #AmazonPrimeVideo la nuova produzione originale di #JuventusCreatorLab: "Fragile – La storia di Nicolò #Fagioli" pic.twitter.com/wNmh5aukAs
— Juventus Fans (@juventusfans) November 26, 2024
Nicolò Fagioli, il giovane centrocampista giunto a vestire la maglia della Nazionale, si racconta in un documentario in cui si mette a nudo, dal titolo significativo: “Fragile“, disponibile in esclusiva su Amazon Prime Video. Il filmato, di circa quaranta minuti, ripercorre il suo cammino, partendo dalla squalifica per scommesse che ha segnato la sua carriera e la sua vita personale, fino al faticoso rientro in campo dopo il lungo stop.
Fagioli ha iniziato a scommettere a soli 16 anni, come passatempo con gli amici. Quello che sembrava un gioco innocente è presto diventato una vera e propria dipendenza. Il centrocampista racconta di come, durante gli anni alla Juventus U23, le sue abitudini di gioco d’azzardo siano sfuggite di mano, tanto da dedicare fino a 12 ore al giorno al telefono per scommettere.
“Mi sembrava che non succedesse nulla, anche se per un po’ vincevo, le perdite finivano per essere sempre più alte“, confessa. La somma maggiore che ha perso in un singolo colpo è stata di diecimila euro, ma ciò che ha pesato maggiormente sono stati i debiti accumulati e la costante pressione dei creditori.
Juventus, Fagioli: “Non si guarisce mai del tutto, però…”
In una fase particolarmente buia, Fagioli è stato minacciato da personaggi sconosciuti, che lo avevano preso di mira a causa dei debiti non saldati. “Mi dicevano: Ti spezziamo prima che giochi la partita di Siviglia“, ricorda. Una spirale di disperazione che lo ha portato alla squalifica nel 2023, pagata con un prezzo altissimo: oltre 12 mesi senza giocare, con sette mesi effettivi di assenza dai campi.
Nonostante il dolore e la frustrazione, Fagioli ha voluto sottolineare l’affetto e il supporto della sua famiglia, che gli è stata vicina nei giorni più difficili. La sua depressione, che ha vissuto nei momenti più bui legati al gioco d’azzardo, si è finalmente placata con la consapevolezza che, sebbene non si arrivi a una vera e propria guarigione dalla dipendenza, “si può imparare a tenerla a bada“.
Il documentario offre uno spunto di riflessione sulla pericolosità delle dipendenze da gioco, un problema che colpisce anche chi, come Fagioli, è sotto la luce dei riflettori, ma che si trova a dover affrontare, come chiunque altro, le ombre della propria vita.
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