
Ora non è più solo un’indiscrezione o una voce di corridoio: Simone Inzaghi e l’Inter si dicono addio. Dopo giorni di tensione, dubbi e riflessioni, è arrivato l’annuncio ufficiale dal club nerazzurro. “Le strade del Club e di Simone Inzaghi si separano”, si legge nella nota diffusa nel pomeriggio, che conferma l’accordo raggiunto “dopo l’incontro avvenuto pochi minuti fa”.
UFFICIALE – Inter e Inzaghi si separano. Marotta: "Solo combattendo insieme si può avere…"https://t.co/mlLldHM5vy
— Fcinter1908 (@fcin1908it) June 3, 2025
Nel comunicato si sottolinea la passione, la professionalità e la dedizione che hanno contraddistinto il percorso dell’allenatore piacentino, capace di vincere sei trofei in quattro stagioni (ma uno solo davvero pesante): uno Scudetto, due Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane. Ma soprattutto, Inzaghi verrà ricordato per aver guidato la squadra alla conquista della Seconda Stella.
Ad accompagnare la comunicazione del club, è arrivato anche il saluto del presidente Giuseppe Marotta: “Desidero ringraziare Simone Inzaghi per il lavoro svolto, per la passione dimostrata e anche per la sincerità nel confronto odierno. Solo quando si è combattuto insieme giorno per giorno si può avere un dialogo franco come quello accaduto oggi”.
Pochi minuti dopo è comparsa sul sito ufficiale dell’Inter anche la lettera d’addio dell’ormai ex allenatore: “In questi quattro anni ho dato tutto. L’Inter è sempre stata il mio primo e ultimo pensiero della giornata. In una giornata difficile come quella di oggi è giusto ribadire il mio senso di gratitudine verso tutti”. L’ultimo pensiero è dedicato ai tifosi. “Non vi dimenticherò mai”.

Ma se da una parte c’è l’ufficialità e l’eleganza dei saluti istituzionali, dall’altra, sui social e nei forum, si è consumata una vera guerra civile digitale. Prima ancora dell’annuncio formale, il clima tra i tifosi era già rovente.
Una parte della tifoseria chiedeva da tempo un cambio radicale. Inzaghi veniva accusato di una gestione conservativa, incapace di cambiare marcia quando le partite lo richiedevano. “Sempre gli stessi cambi al 70esimo! Mai un guizzo, mai una mossa per sparigliare davvero le carte!”, ha scritto un utente su un noto forum nerazzurro. E il messaggio è stato apprezzato e condiviso da molti.
Al centro delle critiche anche il modulo 3-5-2, considerato da molti troppo rigido e prevedibile, specie contro avversari abili a trovare contromosse. Il trauma della finale persa disastrosamente a Monaco è una ferita aperta e aleggia come un fantasma. E poi la gestione della rosa: troppi pochi minuti per i giovani, poca fiducia nei nuovi acquisti, e uno zoccolo duro spremuto fino all’ultima goccia. E poi l’accusa principe: avere “regalato” due scudetti a Milan e Napoli pur avendo la squadra più forte.
Ma a fare da contraltare c’è un’altra frangia della tifoseria, quasi paritaria: secondo un sondaggio, il 51% degli interisti non voleva più Inzaghi, mentre il 49% ne era letteralmente innamorato. Raramente si è vista una divisione così netta e una contrapposizione così feroce fra tifosi di un stessa squadra.
Anche i cosiddetti “Inzaghers” sono molto rumorosi sui social, anche se in senso opposto. “Non dimentichiamo da dove venivamo”, ha scritto su X un tifoso, “ci ha portati a vincere (in realtà anche Conte, l’anno prima di Inzaghi, aveva vinto lo scudetto, ndr), a giocare due finali di Champions, a conquistare la Seconda Stella. La riconoscenza dovrebbe venire prima di tutto”.
Inter, i tifosi spaccati a metà su Inzaghi
Per loro, Inzaghi è stato l’artefice della rinascita, il timoniere che ha dato identità e continuità a una squadra spesso in crisi d’identità nel decennio post-Triplete. I problemi dell’ultima stagione? Da attribuire al mercato, agli infortuni, alle circostanze, alla società, ai calciatori. Tutti, tranne l’allenatore.
E poi c’è chi teme che questo addio possa scatenare instabilità: “Chi meglio di Inzaghi ora? Rischiamo di finire come il Milan post-Allegri”, ha avvertito un utente in un altro commento, profetizzando guai all’orizzonte.
Tra le due curve opposte si collocano i tifosi più lucidi. Chi osserva tutto con il distanziamento emotivo dei realisti. Per loro, l’addio è il segno di un fine ciclo naturale: quando le idee non coincidono più, quando la fame non basta, è meglio cambiare. Anche perché dopo una finale persa così rovinosamente, sarebbe stato difficile ricominciare da zero.
Le reazioni precedenti all’annuncio ufficiale mostrano con chiarezza un dato incontestabile: la tifoseria era divisa a metà. Tra chi chiedeva un nuovo corso e chi temeva di distruggere quanto costruito, si è consumata una frattura profonda, che ha attraversato gruppi Facebook, pagine X, chat private e discussioni pubbliche.
Nonostante la nota pacata della società e il saluto elegante del tecnico, il sentimento che resta – almeno per ora – è quello di un addio che, più che condiviso, è stato sofferto da entrambe le parti. E adesso? Adesso tocca alla dirigenza. E al prossimo allenatore (Fabregas?), raccogliere una pesante eredità.
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