
Lorenzo Musetti è un predestinato, ma a modo suo. Il suo è stato un percorso reso possibile innanzitutto da un talento innato che già da bambino gli permetteva di accarezzare la palla come pochi coetanei. Ma se oggi è numero 7 del ranking Atp, e punta dritto verso Torino e le ATP Finals, è anche merito di chi ha creduto in lui fin dal primo incontro: Simone Tartarini.
Tartarini e il momento d'oro di Musetti: "La top 10 è solo l'inizio. Diventare papà ha reso la situazione complessa, ma ora ha capito che può vincere anche giocando male" https://t.co/HoxGPKPU2n pic.twitter.com/3VtmG1edn9
— Today (@Today_it) May 12, 2025
“Si presentò da piccolo nella mia scuola tennis a La Spezia”, racconta Tartarini in un’intervista ad Adnkronos, “e il viaggio iniziò quasi per gioco“. Un gioco diventato un lungo percorso verso il professionismo, una collaborazione che non si è mai interrotta, un caso più unico che raro nel tennis di oggi, dove i coach passano come treni in una stazione.
Quando Lorenzo si avvicina alla scuola tennis di Tartarini, ha appena 8 anni. “Ricordo una manualità pazzesca e quel rovescio a una mano che lo fece subito notare”, dice il coach, con un tono che sa di nostalgia. Il primo match? “Organizzai un evento a Carrara, lo feci giocare con delle bambine molto brave, campionesse italiane. Faceva fatica, ma lasciava intravedere qualcosa“.
I genitori, lungimiranti, decisero di fare ogni giorno avanti e indietro da Carrara a La Spezia. Scuola, allenamenti, sacrifici. E notti condivise in stanza con il coach, perché Lorenzo aveva paura a dormire da solo. “Abbiamo diviso la camera fino ai 19 anni”, confessa Tartarini, ridendo. (continua dopo la foto)

Il tennis, si sa, è sport da ricchi. “A 12-13 anni devi già girare l’Europa con allenatore al seguito. Costa, e tanto”, sottolinea Tartarini. Ma per Musetti e il suo staff non è mai stata una rincorsa al professionismo: “Più che un progetto, era un sogno. Non abbiamo mai lavorato per guadagnare. Se lo fai, il bambino smette di divertirsi, e il tennis diventa una condanna”.
E invece Lorenzo si è divertito, eccome. Ha vinto, ha perso, è cresciuto. Ha conquistato gli Australian Open juniores nel 2019, si è guadagnato la wild card a Roma nel 2020, ha battuto Wawrinka e Nishikori come un veterano.
Musetti è cresciuto ovunque: sull’erba, dove nel 2024 è stato il secondo miglior giocatore dell’anno dopo Alcaraz, e sulla terra rossa, il suo terreno naturale. “Ora stiamo lavorando per migliorare sul cemento”, dice Tartarini. “Tatticamente può ancora crescere, a volte è un po’ conservativo, ma ha solo 23 anni e sta ancora costruendo se stesso”.
E intanto, Lorenzo può sognare. La crescita del suo tennis è evidente, così come i miglioramenti caratteriali. Dopo le semifinali a Roma e a Madrid la finale a Montecarlo, l’obiettivo è il Roland Garros, sì. Ma anche Torino. “L’anno scorso era 15esimo nella Race, ora è sesto. È giusto farci un pensiero”.
Musetti, una crescita costante “a modo suo”
L’Italia del tennis non è più solo Sinner. “Lui è il numero uno e fa la sua strada. Lorenzo ne fa un’altra”, sottolinea Tartarini, che però non nega gli alti e bassi. Come la semifinale persa contro Alcaraz a Roma, “con nervosismo, vento e tante distrazioni. In quelle situazioni devo riprenderlo, anche con parole forti. Lo conosco bene, so come reagisce”.
Sbagliare, dice, fa parte del gioco. “Anche diventare papà giovane, due volte, può distrarti. Ma Lorenzo è educato, sensibile, e ha una grande famiglia alle spalle. Sono loro la base di tutto. E l’essere diventato papà per lui ha significato un passo importante verso la maturità”.
Da Carrara a Parigi, da La Spezia a Torino, Musetti corre, cade, si rialza. E ora, soprattutto, vince. Vince sempre più spesso, è diventato un Top 10 e non vuole fermarsi. Sotto la guida del suo coach, che non l’ha mai mollato. “Abbiamo fatto tutto senza pressioni, solo per amore del tennis”, dice Tartarini. Forse è proprio questo il segreto. Il piccolo Musetti, oggi, è diventato grande.
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