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Chi ha toccato la palla per ultimo?

equivoco

È un ‘equivoco’, un’incomprensione che può sfociare in vero e proprio litigio, e non di rado. La classica situazione in cui due giocatori vanno verso la palla, la sfiorano, ma non la controllano, e quindi finisce fuori dal campo, dà spesso adito a malcontenti da parte di entrambi. Perché tutti e due pensano che sia stato l’avversario a toccare la palla per ultimo, e quindi che il diritto a rimetterla in gioco sia il proprio. Ma com’è possibile che entrambi siano tanto convinti di avere ragione? Simulano? O è possibile che la loro esperienza soggettiva li inganni? Se lo sono chiesti dei ricercatori dell’Università dell’Arizona, che hanno condotto uno studio curioso pubblicato su Science Advances.

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Un ‘equivoco’ scientificamente spiegato

La ricerca ha messo in luce come due persone possano percepire il tempo e quindi l’ordine degli eventi in modo effettivamente diverso. Anche se l’azione è la stessa. I test condotti hanno permesso di riscontrare come le proprie azioni sembrino sempre essersi compiute una frazione di secondo prima di quelle degli altri. Di media, si tratta di 50 millisecondi di ‘anticipo’. Ecco spiegato il motivo del classico ‘equivoco’ nel basket: entrambi i giocatori percepiscono il proprio tocco della palla leggermente precedente a quello dell’avversario.

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Si sono eseguiti diversi esperimenti per giungere a questa conclusione. Ad esempio è si è chiesto a due persone sedute di fronte l’una all’altra di premere un pulsante quando vedevano accendersi una luce, e riferire che dei due l’aveva fatto per prima. Anche quando ai soggetti non veniva imposto di ‘gareggiare’ (toccare per primi il pulsante non era lo scopo e non portava alcun vantaggio), entrambi avevano sempre la percezione di essere stati i primi. Il test si è effettuato anche mettendo alla prova il soggetto con un meccanismo automatico, e cambiando il tipo di esecuzione, ma i risultati conducevano tutti alla stessa conclusione. Le persone percepiscono molto spesso le loro azioni come più rapide, e non è difficile immaginare che in un contesto competitivo questo ‘pregiudizio’ venga esasperato.

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