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Le lenti a contatto sono il segreto di Stephen Curry per la Finale NBA

Dopo aver dato il colpo di grazia ai Blazers di Portland e averli definitivamente spazzati via nella quarta partita di una Finale di Conference senza sconfitte, Stephen Curry e i suoi Golden State Warriors si lanciano verso la serie decisiva dove attenderanno (salvo ribaltoni) i sorprendenti Milwaukee Bucks, il vero osso duro della stagione. Finals NBA nelle quali il campione di Akron, Ohio, sarà presumibilmente un elemento decisivo. Difficile da fermare, soprattutto dopo aver scoperto il suo segreto: le lenti a contatto.

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Stephen Curry, campione nonostante il Cheratocono

“Ho iniziato a portare le lenti a contatto – aveva dichiarato alla vigilia dei Playoff a Marcus Thompson II del The Athletic Bay Area. – Seriamente, è come se il mondo intero mi si fosse rivelato“. “Dopo tanto tempo, mi ero talmente abituato a strizzare gli occhi che era diventato normale”, aggiungeva il primo giocatore della storia dei Playoff a realizzare 400 triple. Secondo molti, il più grande tiratore della storia della Lega. Incredibile, semmai, che Curry abbia preso questa decisione solo ora, a trentun’anni, dopo aver inanellato risultati incredibili, riuscendo a raggiungere una media di oltre il 48% nei tiri da tre punti effettuati da marzo a oggi.

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“Tecnicamente, la sua è una malattia degenerativa degli occhi in cui la cornea, normalmente circolare, si assottiglia progressivamente fino ad assumere una forma conica – spiegava il cronista della testata sportiva online, parlando del Cheratocono di cui soffre il cestista. – Questa distorsione gli ha causato una sorta di astigmatismo, ossia un difetto del modo con cui la luce penetra nell’occhio e che fa si che la luce non si distribuisca in modo uguale sulla portando a una visione offuscata o distorta. Una condizione genetica con cui probabilmente è nato, e della quale gli scienziati non sanno bene identificare le cause”.

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Vita nuova, nuovi record

Sarà banale dirlo, ma ormai anche Stephen si è accorto di vederci meglio con le lenti a contatto, e di poter finalmente superare le difficoltà patite negli anni passati, sempre peggiori, vista la natura della patologia. Chissà che il Playmaker dei californiani – dopo aver sottovalutato il problema, confidando nella giovane età e sulla stabilità della situazione – non si sia deciso dopo la sconfitta subita al JBL Three-Point Contest dell’All-Star Game da parte di Joe Harris dei Brooklyn Nets. Di certo a pesare era stato il fatto di esser sceso a una media del 31,7%… inaccettabile per uno come lui!

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Uno in grado di non sbagliare un tiro libero nell’ultimo quarto delle partite dei Playoff giocate, dal 2015 a oggi. Che nella serie contro gli Houston Rockets vinta per 4-2, era stato più volte protagonista, nel bene e nel male. Un destino per chi è meritatamente entrato nel gotha dell’NBA a forza di canestri. La lussazione del dito medio della mano sinistra in Gara 2, l’errore – per lui clamoroso – nella schiacciata nel finale di Gara 3 e le scaramucce con Draymond Green (e sua madre) ormai fanno parte del passato. Il presente si chiama già Golden State.

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