C’è un momento, nelle storie di chi ha lasciato un segno, in cui il dolore pubblico incontra quello privato. È ciò che sta accadendo attorno ad Ornella Vanoni, una delle voci più riconoscibili della musica italiana, mentre amici, artisti e semplici cittadini si stringono nel ricordo di una donna che ha attraversato decenni di arte e vita con la stessa intensità. È un addio collettivo, ma anche un racconto fatto di piccole confidenze, di abitudini quotidiane e di affetti che oggi risuonano più forti che mai.

L’ultimo saluto a Milano: folla immensa e musica jazz
Il lungo addio a Ornella Vanoni, scomparsa a 91 anni nella notte di venerdì, ha trasformato Milano in un abbraccio senza fine. Oggi, 24 novembre alle 15, nella chiesa di San Marco a Brera, si celebrano i funerali nella zona che l’artista chiamava casa. Su sua richiesta, la cerimonia si svolge a ritmo di jazz, con la tromba di Paolo Fresu a riempire l’aria di una malinconia elegante, proprio come lei avrebbe voluto.
Già ieri la camera ardente al Piccolo Teatro Grassi aveva accolto una folla impressionante: almeno 5.000 persone sono arrivate per darle l’ultimo saluto. Tra loro, figure della cultura e dello spettacolo come Liliana Segre, Francesco Gabbani, Alba Parietti, Mara Venier, Gabriele Salvatores. Un flusso continuo, rispettoso, silenzioso. Nessuno voleva andare via.
La rivelazione di Veronica: “Mi tratti come una bambola”
Tra tutte le testimonianze, quella che più di tutte ha toccato il cuore del pubblico è arrivata da Veronica De Andreis, assistente e confidente di Vanoni per quasi otto anni. Una presenza costante, discreta, che oggi ammette al Corriere della Sera: «È tutto molto strano, mi sento confusa». La morte di Ornella per lei non è ancora reale.
Veronica ricorda i loro inizi, spesso burrascosi: due caratteri forti, due modi diversi di essere, che però si sono incontrati fino a creare un legame profondo, fatto di fiducia e quotidianità condivisa. Ed è qui che arriva la frase che ha fatto piangere migliaia di lettori: «Mi tratti come una bambola», le diceva Ornella, scherzando.
Era un modo per descrivere quella complicità speciale: scegliere insieme come vestirsi, valutare impegni e progetti, prendersi cura l’una dell’altra. E poi le risate, i confronti, le discussioni — perché una donna come Vanoni amava dire la sua, sempre. Veronica la ricorda così: curiosa, instancabile, assetata di vita. «Leggeva due o tre quotidiani al giorno», racconta, come per ribadire che la Vanoni era molto più della sua voce: era una mente lucida, sempre presente al mondo.
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