
La Roma dei Friedkin imbocca la strada della rivoluzione. Un percorso necessario, che punta a una società più sostenibile e capace di incrementare i ricavi indipendentemente dai risultati sportivi. “Avere i conti in regola, rispettare i paletti Uefa, vendere, tagliare gli stipendi fuori budget e competere con ambizione non è solo possibile, ma auspicabile” spiegano da Trigoria.
🟡🔴#Roma, la rivoluzione dei #Friedkin: i cinque punti per dare la svolta al futuro https://t.co/EHbdItx6Um
— Corriere dello Sport (@CorSport) September 10, 2025
Dopo cinque anni, Dan Friedkin sente il bisogno di una svolta imprenditoriale che riporti il club nel calcio che conta. Da 2.380 giorni i romanisti non sentono la musichetta della Champions League. Tornare nell’Europa che conta è l’obiettivo numero uno: il quarto posto in Serie A è la porta d’accesso a una miniera d’oro da almeno 40 milioni di euro tra bonus e partecipazione.
Il settlement agreement con l’Uefa impone però un deficit massimo di 60 milioni a fine 2026: obiettivo ambizioso dopo i 185 milioni di perdite nel 2020-21 e i 219 del 2021-22. Per invertire il trend la Roma ha avviato un progressivo abbattimento del monte ingaggi, sceso da 115 milioni nel 2020-21 a 89 nell’ultima stagione.
Gli over 30 con stipendi pesanti – da Nzonzi a Smalling, fino a Lukaku e Matic – sono usciti, mentre sono arrivati giovani con cifre più contenute come El Aynaoui, Ferguson e Wesley. Da qui nasce il secondo punto della rivoluzione: puntare sulle plusvalenze. Koné, pagato 18 milioni un anno fa e potenzialmente rivendibile per 50, è il primo sacrificabile. Lo stesso N’Dicka, con un ingaggio da 4 milioni netti, può portare un ricavo importante.
Ranieri, senior advisor, è stato netto: “Dobbiamo tenere i conti veramente a posto, altrimenti rischiamo il cartellino rosso dalla Uefa”. La dura verità per i tifosi si traduce in un piano di sacrifici e sostituzioni mirate: vendere bene e comprare meglio. (continua dopo la foto)

Il terzo pilastro della rivoluzione Friedkin è il progetto Pietralata: uno stadio che triplicherà gli introiti del club giallorosso. Archiviati i problemi sull’area, la Roma potrà consegnare il progetto definitivo al comune per riavviare l’iter burocratico e giocare nel nuovo impianto nella stagione 2027-2028, quella del centenario. Lo stadio è la chiave per far crescere gli introiti extra-calcistici, come dimostrato dal modello Juventus.
Parallelamente il club cerca un main sponsor pesante: “Riyadh Season” aveva portato 25 milioni in due anni, ora il reparto commerciale punta a replicare la cifra senza svalutare il brand AS Roma. Prima arriva l’accordo, prima la Roma potrà inserire in bilancio un ricavo sostanzioso.
Roma, il piano in 5 punti dei Friedkin
Il quarto punto è l’home made. La Roma vuole tornare a produrre talenti in casa: i baby Pisilli, Mannini, Reale e i nuovi arrivi Paratici e Arena sono il segnale di una linea verde che guarda lontano. Dopo anni di scouting poco incisivo, i Friedkin chiedono di scoprire nuovi Yamal, Estevao o Arda Guler. Giocatori a costo minimo che nel giro di qualche anno possano diventare pilastri della prima squadra o plusvalenze importanti.
Il quinto punto è la mentalità: tornare in Champions come coronamento di un percorso sostenibile. Il sacrificio, come ricorda Ranieri, non piace ai tifosi ma è necessario per costruire una Roma che non si accontenti. “Vediamo come andrà il campionato e che percorso faremo in Europa League” ha spiegato il senior advisor. Ogni euro incassato da sponsor, stadio e player trading potrà essere reinvestito per rafforzare la squadra.
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