
Atalanta, Giorgio Scalvini ha voglia di futuro, ma non dimentica né il presente né le notti difficili passate sul letto della riabilitazione. In un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, il difensore dei bergamaschi (e della Nazionale) racconta ambizioni, riflessioni tecniche e aneddoti personali, con una lucidità rara per un classe 2003.
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— TuttoFantacalcio (@Tutfantacalcio) August 4, 2025
Tra sogni mondiali, scatti brucianti e dolori si spera superati, il suo racconto è uno spaccato sincero della vita di un calciatore che sta tornando ad alti livelli dopo mesi complessi. “Spero di poter giocare il Mondiale”, confessa senza troppi giri di parole. Dopo aver sfiorato l’Europeo per un soffio, Scalvini guarda avanti con fame.
A stuzzicare ulteriormente la sua ambizione è stata una telefonata inaspettata: “Un giorno mi squilla il telefono, numero non in rubrica. La mia ragazza mi dice: ‘Non rispondere’. Invece l’ho fatto, ed era Gattuso. Mi ha trasmesso ottime sensazioni. Spero di tornare presto in Nazionale anche per conoscerlo”.
Dopo Gasperini, è tempo di imparare da Juric. E anche qui, la filosofia non è così distante: “L’indicazione è muoversi tutti, non dare punti di riferimento fissi, scambiarsi posizioni. Calcio di movimento, proprio come con Gasp. Le differenze? Le stiamo scoprendo giorno per giorno, sono sfumature tattiche, dettagli su cui possiamo lavorare. Ma senza stravolgimenti”.
Il gruppo, intanto, ha già trovato la sua solidità: “Le motivazioni sono molto alte. E il gruppo è unito, composto da giocatori qui da tempo, a cui si sono già aggiunti un paio di elementi di livello”.
Scalvini non ha dubbi, c’è un compagno di squadra che lo ha impressionato particolarmente: “Sulemana ha una velocità impressionante. Sul lungo forse vince ancora Bellanova, ma nei primi passi è il più rapido con cui abbia mai giocato. È esplosività pura”. E poi c’è Ahanor, giovane classe 2007: “Ha un fisico importante e si è già integrato alla grande”.
Ma non è tutto oro. Scalvini non dimentica il lato oscuro del mestiere: la riabilitazione, il dolore, la fatica mentale. “Difficile dire se sia peggio rompersi il crociato o una spalla. Ma certo, altri quattro mesi di stop dopo sei…”. E racconta una notte in particolare: “Forse la prima dopo l’intervento alla spalla. Tremenda. Il dolore, la scomodità del tutore, il fastidio della ferita. Non riuscivo a dormire, mi veniva voglia di spaccare tutto”.
Un momento buio, che oggi fa da contrasto alla luce di un rientro sempre più vicino. Giorgio Scalvini non si nasconde: ha fame di Nazionale, crede nel progetto, e ha già in mente il prossimo traguardo. L’obiettivo è lì davanti: il Mondiale 2026. E questa volta, si spera, senza infortuni a frenarlo.
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