Dopo quattro sconfitte in sei partite di campionato, la panchina di Marco Giampaolo al Milan è in discussione. Tra i possibili sostituti in allerta, se sabato sera (ore 20.45) i rossoneri non dovessero battere il Genoa a Marassi, c’è Rudi Garcia, ex tecnico della Roma. Dopo due stagioni e mezzo in giallorosso, dal 2013 all’inizio del 2016, il francese potrebbe tornare all’Olimpico da avversario.
L’ultima partita con i giallorossi prima dell’esonero, ironia della sorte, è stata proprio contro il Milan. Fatale il pareggio per 1-1 del 9 gennaio 2016. Garcia a Roma è stato apprezzato, ha trovato l’amore e poi è stato cacciato. E allora, se è vero che le love story si raccontano meglio dall’inizio, o almeno che questa è la parte preferita in cui cullarsi, dobbiamo partire dal giugno 2013.
Il francese arriva dopo aver allenato il Lille ed è da subito il tecnico chiamato a rivitalizzare la squadra dopo la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio, che per l’ambiente giallorosso brucia come nessun’altra cosa. In quel momento nessuno vuole essere apertamente aziendalista nei confronti di un progetto da ricostruire. Non dopo uno sbandamento così. Rudi Garcia invece lo è e senza indugi. Già in ritiro a Brunico, in luglio, durante la prima conferenza stampa, risponde a muso duro ai tifosi che protestano. “Chi contesta non è tifoso della Roma. La squadra se la ami la supporti. Al massimo saranno tifosi della Lazio”.
Nel corso delle tre stagioni, l’ultima a metà, regalerà altre metafore. La più famosa, “Abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio”, dopo la vittoria nel derby. Rappresenta il discorso di accettazione del premio come agli Oscar, ed è la frase che Totti – nella sua biografia – rivelerà averlo reso più orgoglioso del ruolo di Capitano in tanti anni di carriera. Da lì partono dieci vittorie consecutive che non si dimenticano e la prima stagione è davvero d’oro sebbene aiutata da acquisti come Strootman, (“la lavatrice” per il tecnico), Gervinho, Ljajić e Nainggolan a gennaio. Si chiude l’anno con il secondo posto e il filarino con la società sembra poter essere qualcosa di più di un flirt giovanile.
Il periodo successivo si apre con un selfie più che con un’azione. Garcia con una foto a settembre al Colosseo, nel luogo dei gladiatori e nell’anfiteatro simbolo della potenza dell’Impero, ufficializza la storia d’amore con la giornalista e tifosa Francesca Brienza. Dopo quello scatto le ridondanze quasi si sprecano e forse è da qui che si cominciano a mischiare troppe cose. La vita privata, la Roma, il lavoro, la romana, la romanista, la Roma-città. Il monologo rischia pericolosamente di diventare sproloquio.
Soprattutto, la squadra non brilla più come prima. La botta vera e propria arriva dopo la sconfitta dell’Olimpico contro il Bayern di Guardiola per 7-1. Un tonfo troppo duro anche per chi comunque chiude il campionato con, ancora, un secondo posto. La Brienza intanto non va più a Trigoria perché è diventata il capro espiatorio esterno di un aspetto tecnico che non convince come un tempo.
La terza stagione, 2015-2016, è quella degli acquisti di Salah, Rüdiger, Džeko ma anche dell’infortunio precoce di Totti e, soprattutto, della sconfitta in Coppa Italia contro lo Spezia. Siamo appena dopo Capodanno ma senza troppe cerimonie e dopo l’ultima partita pareggiata contro il Milan, Garcia saluta la squadra lasciandola alla gestione Spalletti-bis. Vedremo se nel 2019 lo stadio di Roma lo vedrà protagonista a bordocampo ancora una volta.