Sul campo del Masters 1000 di Parigi-Bercy, Andrey Rublev ha mostrato ancora una volta la sua natura irruenta. Durante il match contro l’argentino Francisco Cerundolo, il tennista russo ha perso la calma, disturbato da un rumore sugli spalti: ha mandato la palla sulla rete e ha urlato “Stai zitto” al pubblico. Poi, all’inizio del secondo set, ha sfogato la sua frustrazione colpendosi il ginocchio con la racchetta, ferendosi visibilmente e sanguinando.
Rublev: i will be better
— Pamela Maldonado (@pamelam35) October 29, 2024
also Rublev…..
at what point does someone step in? this is beyond pic.twitter.com/4bySSjfNWe
Nonostante i suoi momenti di rabbia, Rublev è indubbiamente uno dei tennisti più talentuosi della sua generazione. Vincitore di due Masters 1000, tra cui Madrid nel 2024, e di 16 titoli complessivi, ha disputato ben 10 quarti di finale Slam su tutte le superfici, battendo campioni come Sinner, Alcaraz, Medvedev e Tsitsipas. Tuttavia, a fronte di questi risultati, il suo temperamento esplosivo lo penalizza nelle situazioni di pressione, diventando il suo tallone d’Achille.
Rublev fatica a mantenere il controllo emotivo nei momenti critici, come dimostrato dai frequenti scatti d’ira. Questa tendenza all’autolesionismo lo ha portato anche a essere squalificato ai Dubai Tennis Championships 2024, dopo aver perso la testa durante la semifinale contro Bublik. Questi gesti sono ormai una costante del suo percorso sportivo, rivelando la sua battaglia interna contro una rabbia difficile da controllare. (continua dopo la foto)
Un passato di episodi simili
Questo ultimo episodio di Parigi-Bercy non è isolato. Ad aprile, dopo una sconfitta all’ATP di Barcellona contro Brandon Nakashima, Rublev distrusse la racchetta in preda alla frustrazione. Alle Nitto ATP Finals del 2023, durante un match con Alcaraz, arrivò a colpirsi il ginocchio fino a necessitare l’intervento dei medici.
Andrey Rublev continua così a oscillare tra straordinarie performance e momenti di incontrollabile rabbia, mettendo a rischio le sue capacità sul campo e dimostrando come il suo più grande avversario possa spesso essere se stesso.
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