Chi era Joe Barone
Giovanni (detto Joe) Barone era nato a Pozzallo (Ragusa), in Sicilia, il 20 marzo 1966. Da bambino, all’età di 8 anni, si era trasferito negli Stati Uniti con la famiglia. A New York ha iniziato la sua carriera bancaria, fino all’incontro con Rocco Commisso (erano entrambi membri della comunità italo-americana): i due hanno stretto un legame prima d’amicizia e poi lavorativo che hanno mantenuto fino ad oggi. Un rapporto, quello tra Joe e Rocco, nato già ai tempi dei New York Cosmos, dei quali ha ricoperto la carica di vicepresidente dal 2017 al 2019.
Joe Barone è stato il volto del presidente Commisso e, negli anni, soprattutto della Fiorentina. Alfiere della società, ha portato avanti in prima persona mille battaglie in Lega Serie A, seguendo sempre con costanza le linee tracciate anche con il suo ausilio. Senza scordarsi poi delle questioni interne alla Fiorentina, tra Viola Park (il centro sportivo più all’avanguardia d’Italia, un gioiellino che era il vanto suo e della società) e questione stadio, sulla quale non ha mancato di arrivare a confronti anche serrati con le istituzioni, da quelle locali fino a rappresentanti della ‘politica romana’ di vario rango, non ultimo un intervento di pochi giorni fa in cui invitava a non renderlo “un giocattolo”. Premiato con il Maestrelli nella stagione 2022/23, “studiava” calciomercato e amava occuparsi in prima persona delle trattative e connessi (si legga alla voce Italiano): il mondo del calcio lo piange compatto in queste ore.
“Giuseppe (Joe, ndr) Barone nell’ultimo anno è stato la Fiorentina – scrive Luca Calamai in un accorato addio su Tuttomercatoweb – Lui, un combattente nato, era impegnato su ogni fronte. Divisivo come lo sono quelli che non amano i compromessi ma vanno dritti per la loro. Chi lo vedeva in azione al Viola Park lo raccontava impegnato a controllare lo stato dell’erba dei campi da giochi, la luce delle strutture, persino i bicchieri del bar. Questa montagna di sfide forse alla fine lo ha soffocato”, scrive Calamai. “Forse ha reso vulnerabile il suo cuore – prosegue il noto giornalista sportivo – Joe non ha forse trascurato quella frase che fa sentenza che ricorda come ‘un esercito sempre in guerra alla fine è destinato a perdere’. Forse ha combattuto troppe guerre. Ma questo era Joe”.