Nei film dedicati agli atleti, specialmente ai pugili, c’è sempre un crescendo di fatica, impegno, sudore e, finalmente, vittoria. In Butterfly invece il nodo centrale è una sconfitta. Ma è una sconfitta che porta alla rinascita, al nuovo inizio. E lascia presumere che le cose da raccontare su Irma Testa saranno ancora molte. È lei l’assoluta protagonista del docu-film attualmente nelle sale che racconta la sua storia di atleta, ma anche personale e familiare. Un documentario con un parte di finzione che si sovrappone con delicatezza ad un percorso importante, denso di emozione, umano.
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Irma Testa, la rinascita di un’atleta
Diretto da Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, Butterfly è la storia della prima pugile donna italiana ad accedere ad un’Olimpiade (nel 2016), a soli 21 anni. Ma è una storia soprattutto di riscatto, di rinascita, di presa di coscienza di Irma donna e atleta. Originaria di Torre Annunziata, in provincia di Napoli, Irma Testa è reduce da un’importante vittoria nel Campionato Europeo under 22, al termine del quale è stata dichiarata ‘miglior atleta’. Un importante traguardo, fondamentale tassello nel percorso che la porterà alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Ma la pugile ha imparato a non dare le vittorie per scontate, e lo racconta in ogni occasione, perché quella sconfitta di Rio 2016 ha bruciato, e molto.
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Ruota proprio attorno a questo la narrazione di Butterfly. Non un Rocky, non un Million Dollar Baby, ma la storia di una rinascita dopo la sconfitta. I due registi hanno conosciuto Irma Testa ben prima che diventasse la prima rappresentante del pugilato italiano nei giochi olimpici, e hanno capito subito che la sua storia per una ragione allora poco chiara muoveva, toccava. Una narrazione che parla di determinazione fortissima: quando ha iniziato ad allenarsi, a malapena si consideravano le ragazze pugile, e solo un allenatore, il maestro Lucio Zurlo, ha creduto in lei, facendola crescere fino a diventare l’atleta che è oggi. Una storia di sacrificio, come quello di andarsene di casa giovanissima, vivere lontano (ad Assisi) per 4 anni. Per inseguire un sogno e vederlo infrangere. Ma la potenza dell’atleta – e del film stesso – sta proprio nella capacità di rialzarsi dopo la sconfitta, imparando dai propri errori e crescendo. Sia a livello personale che sportivo.
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