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Mazzone, quella folle corsa di 23 anni fa: simbolo di un calcio vero

Il 30 settembre del 2001 Carlo Mazzone, che allora allenava il Brescia, compì uno dei gesti più iconici e indimenticabili nella storia del calcio italiano: una corsa di 80 metri sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta, dopo il pareggio di Roberto Baggio all’ultimo minuto, dopo aver subito sanguinose offese per tutta la durata del match. Un gesto genuino, estremo, che oggi sarebbe inimmaginabile, ma allora rappresentò un momento di ribellione e autenticità. Quel giorno, Mazzone aveva sentito per tutta la partita gli insulti della curva bergamasca.

Sul punteggio di 2-3 per l’Atalanta, il mister, romano fino al midollo, aveva promesso: “Se pareggio, vengo sotto la curva”. E quando il pareggio arrivò con Baggio al 90°, nessuno riuscì a fermarlo. Il Mister scattò verso la curva urlando un “mortacci vostra” che per lui, romano verace, significava molto più di un semplice insulto. In quei secondi infuocati, superò la linea di fondo e raggiunse la rete di protezione, con lo stadio in subbuglio e gli occhi del calcio italiano puntati su di lui. L’arbitro Collina lo attendeva a centrocampo, pronto a espellerlo, ma Mazzone reagì da par suo: “Buttame fori, me lo merito”.

Una corsa che è anche un simbolo

Quella corsa, tanto oltraggiosa quanto vera, racconta di un calcio ormai scomparso, dove l’emotività e l’istinto prevalevano sulle rigide regole del gioco moderno. Oggi, tra Var e social media, gesti del genere sembrano impossibili. Ogni singola azione è esaminata, vivisezionata, discussa. Non c’è più spazio per l’autenticità sfrenata di personaggi come Mazzone, per quei momenti in cui il cuore comanda e la ragione resta in secondo piano. Il calcio del Mister romano era fatto di spontaneità, di passioni che esplodevano senza filtri, di uomini veri con i loro amabili eccessi.

C’è una dolce malinconia nel pensare a quel calcio, un gioco in cui tutto era più semplice e genuino. Dove le emozioni erano reali, non costruite. Oggi siamo lontani anni luce da quella libertà che Mazzone incarnava. Forse, è proprio questa autenticità perduta che ci manca di più: quella corsa sotto la curva era il simbolo di un amore per il calcio che si viveva senza freni, senza pensare a ciò che avrebbe detto il mondo. La corsa di Mazzone resterà per sempre il simbolo di un calcio che viveva di emozioni, di cuore e di passione. E in fondo, chi ha amato quel calcio, lo farà per sempre.

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