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Caso Semenya, la discussa vicenda che divide l’atletica

Caso Semenya

L’atletica leggera, da quando è scoppiato il caso Semenya, si è trovata divisa tra accusatori e accusati. Al centro della vicenda ci sono le nuove regole che le atlete donne devono rispettare pur di poter partecipare alle competizioni di velocità.

In particolare lo IAAF, l’organizzazione che si occupa dell’atletica a livello mondiale, ha emanato una nuova disposizione per le atlete con differente sviluppo sessuale DSD (differences in sexual development). Le nuove regole sono entrate in vigore l’8 maggio. La disposizione, riguarda solo le gare comprese tra i 400 metri ed il miglio (1600 metri), e quindi anche la specialità della Semenya, gli 800. La norma prevede che le atlete tengano il testosterone entro i 5 nanomoli per litro per un periodo continuo di 6 mesi.

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Caso Semenya: gli ultimi aggiornamenti

Ne consegue che la campionessa sudafricana, che è affetta da una forma di iperandrogenismo dalla nascita, se vorrà partecipare ai Mondiali del prossimo settembre, dovrà iniziare subito una massiccia cura ormonale. Ma Caster non ci sta. Ha già fatto ricorso al TAS per vedere revocato il provvedimento. Tuttavia il tribunale sportivo ha respinto di recente il suo ricorso. Con una motivazione che fa pensare che il caso sia tutt’altro che di facile risoluzione. In sintesi ha dichiarato che pur essendo quella dello IAAF una decisione ‘discriminatoria’, ricordiamo che l’atleta sudafricana non può fare a meno di produrre ormoni in questa maniera, di tratta di un provvedimento necessario. Se lo scopo è garantire l’equità della competizione, allora anche la discriminazione è ammissibile. A essere interessate da questa norma sono in totale 114 atlete.

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Un atleta è solo il suo fisico o c’è di più?

Tuttavia le domande rimangono molte e decisamente aperte. Caster ha annunciato che il Sudafrica, tramite la federazione di atletica (Asa), ricorrerà contro il pronunciamento del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS). Il dibattito sulla partecipazione degli atleti transgender e quello che riguarda le sportive caratterizzate da iperandrogenismo è molto scottante. Primo perché la comunità scientifica non è concorde nel dire che un maggiore livello di testosterone porta automaticamente a una maggiore forza e potenza. A oggi non sappiamo se Semenya vince perché è più forte fisicamente o perché insieme alla potenza è stata capace di sviluppare altre doti pur di vincere. Secondo, perché così si azzera del tutto, data comunque la condizione fisica di partenza, la capacità dell’atleta di allenarsi usando testa e corpo e duro lavoro pur di diventare il migliore o la migliore. Questo è il bene dello sport?

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