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Filippo Pietrangeli racconta suo padre: “Facile e difficile insieme”. Il gelo con Sinner

Nel giorno del dolore, le parole diventano un rifugio. L’intervista che Filippo Pietrangeli ha rilasciato a Marco Iaria della Gazzetta dello Sport illumina il lato più intimo di suo padre Nicola, l’uomo del quotidiano nascosto dietro la leggenda. Un racconto diretto, affettuoso, spesso sorprendente, che attraversa decenni di vita familiare tra sport, amicizie celebri e momenti difficili.

“Raccontare mio padre è difficile, ma allo stesso tempo facile“, dice Filippo, aprendo la porta a una memoria che sa di tenerezza, di gioie e di ferite. Filippo spiega che Nicola, nonostante la fama, “era un padre come gli altri“. Un uomo presente nei fatti e nei sentimenti, anche quando la vita da giocatore e poi da capitano di Coppa Davis lo portavano spesso lontano.

Dopo essersi stabilito a Roma, il legame con i figli si è consolidato attorno alle passioni condivise, anche quelle che esulavano dal mondo di papà Nicola. Il tennis? “Noi figli abbiamo tutti praticato sport differenti“, racconta. Cavallo, football americano, surf: un piccolo mondo libero, senza pressioni, perché “non ci ha mai spinti a giocare a tennis“. (continua dopo la foto)

Una delle immagini più vive è quella del campo di calcio della Canottieri Roma: “Io terzino, lui a centrocampo“, ricorda Filippo con nostalgia. In mezzo, tornei storici come il Caravella e partite “regali” contro la squadra del Principato di Monaco, grazie all’amicizia con Alberto di Monaco. Memorabile anche uno scherzo architettato per Scherzi a parte: falli inventati, cadute teatrali, e Pietrangeli padre che si infuriava senza capire la messinscena.

Sul versante agonistico, Filippo ricorda di non aver vissuto i grandi trionfi del padre (“quando vinse il Roland Garros io non ero ancora nato“), ma descrive con affetto il rapporto con Adriano Panatta, fatto di gag continue e sfottò che hanno attraversato una vita: “Era un gioco che piaceva a entrambi“.

Uno dei passaggi più delicati riguarda la finale della Coppa Davis 1976 in Cile, disputata tra proteste e pressioni politiche. “Io ero un adolescente, in famiglia si avvertiva che il clima non era affatto disteso“. Filippo ricorda la presenza costante delle volanti sotto casa, giorno e notte, e le minacce di cui il padre parlò solo anni più tardi. Un frammento di storia italiana vissuto dall’interno.

Il mondo del tennis era la loro quotidianità. Filippo ricorda pranzi con Manolo Santana, gli incontri con Rod Laver a Roma, e poi le stelle contemporanee: McEnroe, Federer, Djokovic, Nadal. E c’era Lea Pericoli, “Come una zia: la zia Lea“. Una figura familiare, amata, la cui morte lo ha segnato profondamente. (continua dopo la foto)

Jannik Sinner durante una conferenza stampa

Negli ultimi anni, il rapporto tra padre e figlio si era ancora più rafforzato: “Lo accompagnavo nelle trasferte, ho avuto il privilegio di stargli accanto per il lavoro che svolgo”. Erano insieme anche a Malaga, nell’anno del trionfo azzurro in Davis: “Era strafelice di poter alzare la coppa con i ragazzi“.

Un dolore recente pesa però su ogni ricordo: “In un anno e mezzo ho perso mia madre, mio fratello e mio padre“. La morte improvvisa di Giorgio ha lasciato una ferita che Filippo porta con voce spezzata.

Il mondo del tennis sta celebrando Nicola Pietrangeli. Resta solo una domanda finale, inevitabile: nessun messaggio pubblico da parte di Jannik Sinner. Alla domanda di Iaria, Filippo taglia corto: “Preferirei non rispondere”. Parole che pesano, per una vicenda non ancora del tutto chiarita: alcuni hanno spiegato che Jannik ha espresso il suo cordoglio alla famiglia privatamente come fa di solito, ma la risposta di Filippo Pietrangeli sembra far trapelare un certo gelo.

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