
A trent’anni dal suo arrivo a Milano, Javier Zanetti ha ripercorso la sua carriera e i momenti più significativi della sua vita nerazzurra in un’intervista rilasciata ai canali ufficiali dell’Inter. Il vicepresidente del club ha raccontato emozioni, ricordi e riflessioni che hanno segnato il suo percorso dentro e fuori dal campo.
27/08/1995 ➡️ 30 anni fa l'esordio in Serie A di Javier Zanetti. 🗓️🖤💙 pic.twitter.com/IM4tca0QdT
— Lega Serie A (@SerieA) August 27, 2025
L’arrivo a Milano e l’amore per l’Inter
“Ricordo ancora la mia presentazione in Terrazza Martini, con Facchetti, Suarez, Bergomi e il presidente Moratti. Fu una grande emozione per me e per la mia famiglia. Mio padre e mia madre presero per la prima volta un aereo per accompagnarmi”, ha raccontato Zanetti.
Il legame con il club si è consolidato sin da subito: “Mi sono innamorato dell’Inter fin dall’inizio, dell’atmosfera e del senso di famiglia. Volevo che i tifosi, i compagni e il presidente fossero fieri di me. Dopo trent’anni siamo ancora qui, insieme”.
Le sconfitte che insegnano
Zanetti non nasconde come le delusioni abbiano avuto un ruolo importante nella sua crescita: “Le sconfitte servono sempre. La finale persa con lo Schalke e lo scudetto mancato nel 2002 mi hanno fatto capire molto. Dalla rabbia nascono nuove opportunità”.
I trofei più significativi
Oltre alla Champions League del 2010, l’ex capitano ricorda con particolare affetto la Coppa Uefa vinta a Parigi: “Avevamo perso la finale l’anno precedente e c’era grande voglia di riscatto. Segnai anche un gol importante, con la mia famiglia sugli spalti”.
Ronaldo e gli altri compagni
Sull’esperienza accanto al “Fenomeno”, Zanetti non ha dubbi: “Quello che faceva Ronaldo in allenamento era sorprendente. Era nella sua piena maturità e avere lui in squadra era un vantaggio enorme”. Tra i compagni più simpatici, invece, ha ricordato Maicon e le sue trovate con i tifosi.
La fascia e la responsabilità
“La fascia da capitano era una grande responsabilità. L’Inter è la mia famiglia e davo sempre tutto per onorare quel ruolo”.
Uno dei momenti più intensi resta la notte di Madrid: “Il pianto dopo la Champions racchiudeva tutto: il completamento di un percorso e l’abbraccio con Mourinho, sapendo che sarebbe andato via”.

Gli allenatori e lo spirito di gruppo
Tra i tecnici che più lo hanno segnato cita Simoni, definito un padre, e Mourinho, che introdusse un metodo di lavoro completamente nuovo.
Lo spirito dell’Inter, secondo Zanetti, si riassume nella celebre semifinale contro il Barcellona: “Giocammo con un uomo in meno, ma la generosità di tutti ci portò all’obiettivo”.
L’ultima partita e il futuro
L’addio al calcio rimane un ricordo indelebile: “Contro la Lazio, con lo striscione dei compagni e i bambini con la maglia numero 4. Ogni minuto che passava sentivo che si avvicinava la fine”.
Oggi, da vicepresidente, guarda avanti: “L’Inter è una promessa da mantenere. Voglio contribuire e trasmettere i valori di questo club”.
La cavalcata nel derby e il primo boato di San Siro
Se deve scegliere un’azione simbolo della sua carriera, Zanetti non ha dubbi: “La cavalcata nel derby nei minuti finali, dalla nostra area fino a quella avversaria. Rappresenta il mio modo di interpretare il calcio”.
Infine, un ricordo speciale: “La prima partita, Inter-Vicenza nel 1995. Quel boato non lo dimenticherò mai. Non avrei immaginato che sarebbe stata la prima di 858 gare con l’Inter”.
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