
In un’epoca in cui anche i calzini dei calciatori hanno chip e sensori biometrici, c’è ancora chi torna alle basi dell’artigianato sportivo. È successo davvero in Champions League, seppur nella versione meno visibile del torneo: quella dei turni preliminari, dove il budget è inversamente proporzionale al pathos delle partite.
😳Clamoroso in #ChampionsLeague: calciatore in campo con il numero sulla maglia scritto a penna https://t.co/bXPVTzZiOx
— Corriere dello Sport (@CorSport) July 10, 2025
Protagonista della scena degna di una sitcom: Rory Holden, centrocampista dei The New Saints, squadra gallese impegnata nel primo turno di qualificazione contro i macedoni dello Shkendija. La partita è finita 0-0, ma il risultato è la cosa meno interessante accaduta in quei novanta minuti.
Poco prima dell’intervallo, Holden si è ritrovato con la maglia completamente macchiata di sangue, conseguenza di un contrasto. L’arbitro, giustamente, gli ha ordinato di cambiarla. Peccato che in panchina nessuno avesse un ricambio con il suo numero.
Niente paura: come nelle migliori scuole di sopravvivenza, lo staff si è armato di penna e fantasia. Su una maglietta “vergine” è stato disegnato il numero a mano. Sì, proprio così: a penna, come nel torneo dell’oratorio quando si dimentica il corredo a casa.
Holden è così tornato in campo con la sua nuova “divisa” homemade, approvata con un mezzo sorriso dall’arbitro, almeno fino al fischio dell’intervallo. Nella ripresa, per fortuna, il giocatore ha potuto sfoggiare un kit professionale.
Scene come questa non le vedrete mai ai quarti di finale, e forse è un bene. Ma da qualche parte, tra i sorrisi dei tifosi e le perplessità dei delegati UEFA, questa Champions dei poveri ci ricorda che il calcio è fatto anche di creatività, e di qualcosa di antico ma insostituibile: quello che anima i bambini, quando corrono dietro a una palla sognando di poter un giorno giocare la Champions, e non importa se con i numeri scritti a mano.
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