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Gabigol, tre minuti per entrare nella leggenda. Doppietta al River e il Flamengo vince la Libertadores

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RIO DE JANEIRO – Guardi Flamengo-River Plate e ti sembra di rivedere Manchester United-Bayern Monaco, finale di Champions del 1999. Anche lì il Bayern, come oggi il River, si stava portando a casa la Copa Libertadores dopo essere andato in vantaggio nel primo tempo e dopo aver gestito gli assalti, neanche troppo energici, degli avversari. Ma il calcio è uno sport imprevedibile e oggi, come quel 26 maggio di 20 anni fa, la partita si ribalta completamente nel giro di tre minuti. Tutto in 180 secondi: vittoria, coppa e gloria.

È festa grande a Rio

Sì perché qui a Rio de Janeiro la rimonta finisce direttamente tra le imprese storiche del club. Ancora oggi, a 38 anni di distanza, i tifosi inneggiano a quella squadra in cui splendeva l’estro di Zico e riuscì a vincere la prima, e fino a sabato sera, unica Copa Libertadores del club. Figurarsi come possa adesso spalancarsi la mitologia calcistica a tinte rosse e nere per Gabigol e compagni.

Gabigol, l’eroe della torcida rossonera

Capitolo Gabigol, sì l’ha decisa proprio lui. Una doppietta di quelle che si sognano quando si danno i primi calci al pallone in una serata in cui aveva tanti occhi addosso, non solo in Sudamerica. Bene, fino al minuto 88 la partita di Gabriel Barbosa sembrava dare ragione a tutti quelli che l’avevano bocciato in Europa e che non consideravano rilevanti i suoi gol a grappoli nel Mengao.

Come il Flamengo però, anche Gabigol si prende tutto in 180 secondi: rivincite verso tutti i suoi critici, coppa e titolo di capocannoniere della competizione con 9 centri. In realtà si prende anche il secondo giallo che lo costringe a uscire dal campo poco prima del triplice fischio. Ma non ha importanza perché il 23enne che fallì in Italia, è già l’idolo di una torcida immensa, quella del Flamengo. Sorridono anche i dirigenti dell’Inter, che fino a qualche mese fa erano sicuri non riuscire a recuperare quei 30 milioni spesi nel 2016 per portarlo a Milano e oggi invece si sfregano le mani pensando alla sua cessione redditizia.

Tutto in tre minuti

La partita nel suo complesso è come ce la si poteva aspettare. River più esperto e pronto a colpire, Flamengo più tecnico, ma a volte frenato dal peso del grande evento. È andata esattamente così e nel primo tempo il predominio territoriale sterile dei brasiliani, si è scontrato con il pragmatismo e la tattica degli argentini, bravissimi nelle ripartenze e molto più pungenti in attacco rispetto agli avversari.

Così quando Borré prende in controtempo Alves al quattordicesimo portando in vantaggio il River, la partita prende una piega precisa. Il Flamengo tiene il gioco ma non sfonda, il River invece amministra senza soffrire e riparte, sempre con pericolosità. Nonostante la debacle finale, il River si è dimostrato squadra quadrata con due giocatori sopra la media, l’attaccante colombiano Borré e l’argentino Ignacio Fernandez. In generale meglio il River del Flamengo per una buona ora.

Il peccato della squadra di Buenos Aires è stato l’eccessiva propensione a mantenere il risultato, a congelare la partita, a non affondare ma a coprirsi, fino a quando De Arrascaeta ha sfondato sulla sinistra e ha offerto a Gabigol il più facile dei gol a porta vuota. Ricevuta la sberla, la squadra è andata in tilt per alcuni secondi, sufficienti a Gabigol per conquistare a sportellate un pallone al limite dell’area e a scaricarlo in rete facendo esplodere i tifosi brasiliani. Tutto in 180 secondi: il Flamengo fa festa, il River piange.