
In un mondo sempre più concentrato sull’individuo, una scelta personale è diventata un caso nazionale. Le parole non sono solo parole, quando a pronunciarle è chi ha fatto la storia con la maglia azzurra sulle spalle. Un gesto, un post, una rinuncia: così si apre una frattura profonda, tra il presente e la memoria, tra chi oggi declina e chi ieri non si è mai tirato indietro. In mezzo, una maglia: quella dell’Italia. E attorno, un Paese intero che osserva e discute.

Francesco Acerbi e il “no” alla Nazionale
Il nome è quello di Francesco Acerbi, il difensore dell’Inter reduce dalla pesante sconfitta nella finale di Champions League contro il Paris Saint-Germain. Quando il commissario tecnico Luciano Spalletti lo ha chiamato per i prossimi impegni di qualificazione ai Mondiali del 2026, Acerbi ha detto no. Una rinuncia comunicata prima in privato, poi pubblicamente, con parole nette: “Pretendo rispetto. E se questo rispetto viene a mancare da parte di chi dovrebbe guidare un gruppo, allora preferisco farmi da parte”. Una presa di posizione che ha colto molti di sorpresa, sollevando interrogativi e aprendo un fronte di discussione acceso.

Gigi Buffon e il valore della maglia azzurra
A rispondere, con tono misurato ma fermo, è stato Gigi Buffon, oggi capodelegazione della Nazionale. Intervistato da RAI Sport, ha dichiarato: “Un calciatore non dice no a Spalletti, dice no a un qualcosa di più grande, che è l’Italia”. Le sue parole non sono semplici repliche, ma un richiamo al dovere. “Noi dirigenti presenti e passati, come il CT, abbiamo l’onore per un certo periodo della nostra vita di rappresentare l’Italia. La maglia azzurra è un valore unico e imprescindibile.”
Buffon, che ha vissuto sulla propria pelle finali perse e delusioni cocenti, ha ricordato come lui e i suoi compagni, nonostante tutto, si siano sempre presentati al ritiro con un solo pensiero: “C’era un altro lavoro da finire”. Una frase che pesa, soprattutto se letta in controluce con l’assenza di Acerbi.
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