Sono iniziati il 18 marzo e si concluderanno domenica prossima, ma a prescindere dal risultato la 35ª edizione dei Miami Open presented by Itaú resterà negli annali. Per la prima volta, infatti, e per il prossimo futuro, a ospitare i match in programma sarà l’Hard Rock Stadium e non il Tennis Center at Crandon Park di Key Biscayne. Dopo cinque anni di battaglie legali e burocrazia, il gigante del management sportivo IGM (dal 2000 proprietario dei diritti del Masters 1000 di Miami) ha dovuto rassegnarsi al cambiamento di sede.
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Da Key Biscayne a Miami Gardens
Ci sono poco più di 34 Km tra l’uno e l’altro, a Nord e a Sud di Miami. Ma nel mezzo si sta facendo la storia, non solo di questo sport. E mentre si registra l’intenzione di Bruce Matheson di salvaguardare l’aspetto naturalistico dell’isola tra la omonima baia e l’Oceano Atlantico, assistiamo curiosi e ammirati alla realizzazione di un sogno. Nato forse ‘per necessità ’, ma che da subito ha “entusiasmato” Stephen Ross, proprietario della squadra NFL dei Miami Dolphins che con il tennis si trovano a condividere l’impianto fino al 2016 come Sun Life Stadium.
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E quello che fu il primo impianto sportivo di questo tipo costruito interamente con fondi privati – inaugurato nel 1987 – oggi si propone di nuovo come laboratorio ed esempio. L’obiettivo da subito fu quello di “reinventare” gli Open perché fossero al livello dei maggiori eventi del calendario ATP. E di regalare “un’esperienza di lusso senza precedenti agli spettatori, proprio come abbiamo fatto per il football NFL”, a detta di Tom Garfinkel, amministratore delegato dei Miami Dolphins.
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Un impianto extra-lusso all’avanguardia
Ai 50 milioni di dollari stanziati per l’upgrade del vecchio stadio, con il mare su entrambi i lati dei campi in viola e verde, se ne sono dovuti aggiungere altri 72, ma alla fine il risultato è davvero oltre ogni aspettativa. 13.800 posti a sedere per il solo Campo centrale (dei quali quasi 5.000 ‘Premium’, con schermi televisivi personali), un Grandstand da 5.191 posti, due Show Court e altri otto campi di gara situati nell’area del parcheggio dello stadio.
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Ma soprattutto un ristorante, spogliatoi e players lounge triplicati in ampiezza, due palestre (una all’aperto) e centinaia e centinaia di posteggi. 900 solo per i giocatori e gli ospiti, loro e dell’organizzazione, ricavati dalla zona VIP dell’NFL, dotata persino di una ‘black lane’ che la collega direttamente allo svincolo dell’autostrada. E di un tunnel decorato con opere d’arte (persino Warhol e Picasso!) per accedere all’impianto.
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E poi un prato artificiale, palme da 35.000 dollari l’una, una fontana e il più grande maxi-schermo mai realizzato all’interno di un impianto tennistico, del quale impareremo ad amare persino i nuovi colori, visto che la discontinuità dal passato oggi è in Oasis Blue e Biscayne Blue. Inevitabile, certo, che anche i prezzi dei biglietti aumentassero (del 40% rispetto all’anno scorso), ma a beneficiarne non saranno solo i giocatori e le teste di serie, che qui avranno una suite privata ciascuno a disposizione dei propri entourage.
I Miami Open presented by Itaú 2019
Quest’anno, sul campo i nostri di colori hanno i nomi di Cecchinato e Fognini (attesi nel secondo turno dal vincitore di Eubanks-Dzumhur e dall’argentino Guido Andreozzi), di Thomas Fabbiano (fermato dalla pioggia mentre giocava contro il bielorusso Ilya Ivashka) e dal trionfatore di Phoenix Matteo Berrettini (già sconfitto dal polacco Hubert Hurkacz), ma per le teste di serie l’impegno maggiore sarà quello di orientarsi in un habitat tanto nuovo.
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“A Crandon Park, le persone sapevano dove andare, conoscevano il posto. Ora anche i giocatori rischiano di perdersi tra lo spogliatoio e la lounge. Ma vogliamo da loro, e dagli spettatori, tutti gli input possibili per migliorare” sono state le parole del direttore del Miami Open, James Blake, lo stesso che avvertiva: “Quando la gente arriverà qui, capirà che evento straordinario stiamo creando”. Ed è solo l’inizio!
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