Il rugby è uno sport meraviglioso, ricco di valori e appassionante come pochi. Ma è innegabilmente un’attività che comporta dei rischi. Tanto che si sta pensando di apporre delle modifiche al regolamento per ridurre la possibilità di infortuni. Ecco che, negli anni, sono nate delle versioni ‘soft’ del gioco con la palla ovale, come il touch, che non permette placcaggi. Ma esiste anche una variante del rugby che non implica alcun contatto fisico, e si chiama Tag rugby.
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Tag rugby, come si gioca
Il tag prende il nome dalla cintura in velcro che ogni giocatore tiene appesa al giro vita e da cui penzolano dei nastri. Sono proprio loro a ‘sostituire’ l’azione del placcaggio: il giocatore che ha la palla in mano e deve correre alla meta può essere stoppato da un avversario che gli riesce a staccare una delle fettucce. Il giocatore che ha subito il tagging deve immediatamente passare la palla ad un compagno, ma se questo avviene per 6 volte consecutive la squadra avversaria guadagna la palla e può passare alla fase di attacco. Questa la caratteristica principale del tag rugby, che rende perfettamente l’idea del perché sia considerato una versione più inclusiva della palla ovale.
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Non ci sono placcaggi, non ci sono contatti tra giocatori. Questo rende il tag rubgy uno sport propedeutico al rugby classico, che viene proposto alle squadre junior o nel mini rugby (esiste proprio il mini tag). Ma anche una disciplina a sé stante, che ha la peculiarità di poter essere giocata in squadre miste dal punto di vista del genere e dell’età. Il numero di giocatori è solitamente 7, ma può variare in base alle dimensioni del campo.
Ufficialmente il tag nasce in Gran Bretagna negli anni ’90, ma è in Irlanda che oggigiorno è particolarmente diffuso e amato. Su suolo irlandese si giocano campionati sia maschili che femminili, ma anche misti (mediamente viene prestabilito un numero minimo di donne per squadra) e uno per over 35. Anche in Italia questa variante è sempre più apprezzata dalle società sportive, specialmente per quanto riguarda bambini e ragazzi. Curiosamente, nel nostro paese (ma non solo) esisteva una sorta di precursore del tag rugby, chiamato pallascout, praticato già dagli anni ’70.
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