L’emergenza Coronavirus ha bloccato il calcio quasi ovunque. Anche in Cina dove, nonostante la fine del lockdown, non sono ripartite le attività sportive. I calciatori aspettano di tornare in campo, dai campioni in carica del Guangzhou Evergrande Taobao, guidati da Fabio Cannavaro, al neopromosso Shijiazhuang Ever Bright, allenata dall’iraniano Afshin Ghotbi. Ed è in questo club che lavora Jahanyar Mohebbi, match-analyst con un passato da allenatore.
Nato in Iran, prima di trasferirsi in Cina ha lavorato anche in Thailandia e Austria, girando mezzo mondo e confrontandosi con personaggi del calibro di Florentino Perez, David Beckham e Antonio Conte. Anche il suo lavoro, in un Paese che sta provando a tornare alla normalità dopo la quarantena prolungata, è cambiato parecchio.
Mohebbi, a 28 anni ha già lavorato in diversi Paesi. Una storia non ordinaria…
“Sono nato in Iran e sono cittadino austriaco. Sono sempre stato un atleta, con risultati importanti nella ginnastica. Il mio sogno però era diventare un allenatore di calcio, come mio padre. La carriera da allenatore è iniziata a Budapest, a 20 anni, nel settore giovanile del Vasas. Dopodiché mi sono trasferito in Austria, guidando alcune formazioni giovanili fino ad arrivare alla direzione dell’Academy dell’Austria Vienna”.
Ed è in Austria che ha avuto modo di entrare in contatto con top club europei.
“Sì, già da quando ero a Budapest ho iniziato ad allacciare rapporti con squadre europee importanti, tra cui il Milan. Ho avuto una collaborazione importante con Filippo Galli. A Vienna ho ampliato i contatti, giocando tornei con Bayern Monaco, Real Madrid, Arsenal, Barcellona, Liverpool”.
Ha aiutato il calcio giovanile austriaco a crescere.
“Ho avuto molti riconoscimenti, il mio nome ha iniziato a circolare nell’ambiente del calcio austriaco a livelli abbastanza alti. Ho incontrato il presidente del Real, Florentino Perez. Sono stato spesso a Milano a vedere da vicino il Milan Lab”.
Poi ha scelto di prendere un’altra strada. Perché?
“Sin da bambino ero un tifoso del Persepoli, la squadra più importante dell’Iran. Avevo anche incontrato Afshin Ghotbi, che è considerato un eroe: ha allenato anche la Nazionale. Nel 2014, per vari motivi di lavoro, l’ho rivisto in Giappone, allenava lo Shimizu S-Pulse: è nata una collaborazione importante che mi ha portato a diventare un suo collaboratore”.
Tanto da seguirlo ovunque, fino in Cina.
“Iran, Thailandia, e oggi Cina allo Shijiazhuang Ever Bright. L’anno scorso siamo riusciti a vincere il campionato di seconda divisione e a qualificarci per la Super Liga, dove saremo protagonisti”.
Lei è un match-analyst: il suo lavoro quotidiano in cosa consiste?
“Comprende vari compiti. Quello principale è registrare le performance d’allenamento, con una camera fissa e con un drone. Ricorriamo poi anche al Gps per avere dati dei carichi, metri percorsi, frequenza cardiaca. Oltre a questo, facciamo un lavoro di scouting dell’avversario, analizzando ogni singolo giocatore, nella singola posizione con le singole statistiche. Lo facciamo anche per i calciatori della nostra squadra. A fine allenamento condividiamo i dati con lo staff medico, processo che aiuta a prevenire infortuni e a recuperare chi invece è reduce da problemi fisici. Infine, viene montato un video della seduta in cui si analizzano le specifiche e i movimenti dei singoli giocatori durante le parti tecniche e tattiche: lo inviamo all’allenatore, insieme alle indicazioni sugli avversari di turno”.
Parallelamente svolge anche un’attività di scouting.
“Consiste nel viaggiare nei vari Paesi e campionati per trovare giocatori funzionali al progetto. Un lavoro impegnativo fisicamente e anche a livello di tempo, perché viene svolto quando il campionato è fermo. Però consente di avere un quadro dettagliato dei campionati europei e di capire quali siano i giocatori maggiormente affini al modo di vivere il calcio in Cina”.
A proposito: a che punto è il calcio cinese?
“Diciamo che in Europa la differenza è principalmente a livello organizzativo e culturale. Per esempio, in Iran il tasso tecnico è alto, ma i problemi finanziari e le restrizioni economiche non aiutano i talenti a lasciare il Paese, per esplodere magari in Europa. In Cina invece non ci sono problemi economici, ma gli allenatori del calibro di Lippi, Capello, Benitez, Cannavaro e Donadoni, venuti per portare la loro esperienza e far crescere il movimento, si sono dovuti scontrare con l’attitudine caratteriale dei giocatori cinesi. È da questo punto di vista che siamo molto lontani dal professionismo europeo”.
Qual è l’obiettivo del calcio cinese?
“Sicuramente qualificarsi per la fase finale di un mondiale. Sono fiducioso che in un futuro prossimo la Nazionale ce la farà: magari anche per Qatar 2022”.
La Cina è uscita dal lockdown, ma la ripresa del calcio tarda ad arrivare. Come si vive questa situazione, tra gli addetti ai lavori?
“Il Coronavirus ci ha messi tutti in una situazione particolare. A livello personale non è facile, lavoro in Cina e ho la famiglia divisa tra Iran e Austria. Lavorativamente ha cambiato tutti i nostri piani: non sappiamo se e quando la nuova stagione comincerà, a ogni rinvio riprogrammiamo i vari allenamenti e i carichi per i giocatori. Lo facciamo praticamente di settimana in settimana. La Cina, considerando il numero elevato di abitanti, non vuole prendersi il rischio di garantire attività sportive e ricadere nell’incubo che l’ha segnata nei mesi scorsi”.
La gente continua ad avere paura?
“Il governo sta facendo del suo meglio per garantire la massima sicurezza ai cittadini, ma allo stesso tempo si percepisce una situazione di non completa tranquillità. Si vede la preoccupazione della gente, anche se i negozi sono aperti. I confini restano invece chiusi, c’è difficoltà di spostamento nelle varie province, ma la situazione nelle varie città è veramente buona. Comunque mi reputo fortunato: la Cina si è mossa per tempo, i risultati raggiunti sono quelli che voleva il governo”.